Tra gli alfieri della prima scena progressive italiana non si poteva non annoverare i mitici The Trip di Joe Vescovi. Musicista di spessore, dotato di ottima tecnica e gran gusto, si sarebbe distinto in più occasioni anche al di fuori dei confini nazionali, "rischiando" addirittura di entrare come tastierista nei Rainbow di Ritchie Blackmore durante uno dei tanti rimpasti di formazione. Nati in Terra d'Albione e originariamente gruppo di accompagnamento di Riki Maiocchi dei Camaleonti, i quattro a fine anni Sessanta sono comunque già tornati in pianta stabile a casa nostra, dove, come era abitudine ai tempi, inizia la solita gavetta tra i vari festival pop del periodo.
Se il nome tradisce ben più di un riferimento ad esperienze lisergiche varie e alla psichedelia, la proposta dei musicale non è da meno. Influenzati, come del resto molti altri complessi italiani del periodo, dalle composizioni di Emerson, Lake & Palmer, i The Trip, dopo un primo omonimo album che non riscuote particolari attenzioni, arrivano con il secondo a scrivere una delle pagine più interessanti del progressive italiano, con un disco, "Caronte" appunto, che avrebbe davvero fatto storia la storia del genere.
Forti della guida di Vescovi, in poco più di mezz'ora, riescono a incanalare tutta l'esperienza acquisita fino a quel momento, uscendosene, alla loro seconda prova sulla lunga distanza, con un lavoro interessante e maturo. Introdotto dalla splendida copertina, che in vinile doveva davvero fare la sua bella figura, che inserisce in un contesto psichedelico-floreale alcune delle più suggestive illustrazioni di Gustave Dorè della Divina Commedia, l'album si apre con la splendida "Caronte I", brano che sembra quasi una dichiarazione di intenti e che mette subito in chiaro la proposta musicale dei nostri. Tastiere acide, ritmi sostenuti e una chitarra che deve non poco al compianto Jimi Hendrix introducono l'ascoltatore in un mondo cupo e sulfureo, scrivendo di fatto la colonna sonora dell'ultimo viaggio dei dannati della Terra, traghettati verso gli Inferi da un Dimonio di nome Caronte. Come era abitudine del tempo, i riferimenti letterari lasciano trasparire ben più di un aggancio con la scottante attualità di quegli anni e i dannati danteschi diventano quindi tutti coloro che sono stati rifiutati dalla società, gli emarginati, quelli che non si sono allineati al sistema valoriale borghese. E viste anche le influenze musicali dei quattro come non si potevano omaggiare alcuni grandi del rock come Janis Joplin e Jimi Hendrix, all'epoca appena scomparsi ed andati, loro malgrado, ad affollare l'infame "Club dei 27"? Se "Two Brothers" ricorda i coevi Deep Purple, con Vescovi e il bassista Arvid Andersen che per tutto l'arco del disco si alternano alle parti vocali, "Little Janie", una dolce ballata pop, è il sentito omaggio ad una delle sacerdotesse del rock. "L'ultima Ora e Ode a Jimi Hendrix" ha un inizio soffuso, ma si cambia dopo poco registro, con l'organo di Vescovi che lascia spazio per minuti alla chitarra di William Gray, completamento perso nella sua "ode". La conclusiva "Caronte II" riprende il discorso iniziato dalla prima parte, mettendo la parola fine ad uno dei migliori dischi italiani del periodo.
Grande tecnica al servizio di composizioni di alto livello che, anche se tradiscono influenze inglesi, trasudano comunque italianità da tutti i pori. Va inoltre dato il merito ai The Trip di essere stati tra i primi, in Italia e non solo, ad avere avuto un suono così complesso, con le ricercate partiture delle tastiere che si alternavano a chitarre di stampo quasi sabbathiano, oltre ad aver anticipato di qualche tempo tutta quella corrente esoterico-sulfurea che, più tardi, con i vari Metamorfosi, Balletto di Bronzo e Biglietto per l'Inferno, avrebbe contraddistinto un certo prog italiano. Capolavoro, da avere.
"Caronte":Caronte ITwo BrothersLittle JanieL'ultima Ora e Ode a Jimi HendrixCaronte II
The Trip:
Joe Vescovi - tastiere, voceArvid Andersen - basso, vocePino Sinnone - batteriaWilliam Gray - chitarra
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