La notte è fredda e insonne. Il buio sovrasta ogni cosa, e luci arancioni dei lampioni rischiarano i vicoli deserti. Affacciato alla finestra, ascolto il silenzio che regna sovrano. Butto il mozzicone di sigaretta in strada, finisco l'ultimo sorso di birra. La televisione è accesa con il volume spento. I telegiornali non parlano d'altro, c'è solo lui sulla bocca di tutti. Il serial killer. Il pazzo omicida che sta spaventando l'intera città. Dodici le sue vittime, e ancora nessuno sa chi sia. Io invece so chi è. Conoscere la sua identità mi ha lacerato le viscere. Sapere che il tuo amico più vicino, il tuo compagno di banco per anni, la persona che consideri come un fratello è un killer spietato mi ha ucciso dentro. Non so cosa fare, non riesco a ragionare lucidamente. Devo uscire e prendere una boccata d'aria, tanto di dormire non se ne parla. Metto il giubbotto, infilo le cuffiette nelle orecchie e mi chiudo la porta di casa alle spalle. La musica dei Twilight Sad è oscura e dolorosa, intrisa di suoni elettronici notturni e gravi. Il loro ultimo lavoro, "No One Can Ever Know", mi piace da matti e lo ascolto da mesi senza mai stancarmene. È come sentire i Joy Division fusi con i Nine Inch Nails.
Il ritmo di "Dead City" mi si conficca nel cervello fin da subito. Davanti a me solo un semaforo pulsante e un cane randagio che fruga nei sacchi delle immondizie abbandonati sul ciglio delle strada. Aumento il passo. Le pozzanghere sparse sull'asfalto nero riflettono la pallida luna, seminascosta da nuvole minacciose. Prendo una decisione così, all'improvviso. Vado da lui, devo parlargli. Devo sapere perché, voglio sapere come da mio amico si è trasformato in un pazzo assassino. A sinistra prendo un vicolo buio. Puzza di marcio. "Sick" sembra una canzone d'amore lacerante, con la sua melodia lenta, la voce sofferta, la drum machine rarefatta. C'è una donna appoggiata al muro, appena fuori da un locale malfamato. È giovanissima, indossa solo uno striminzito bikini e si copre con una pelliccia finta. Piange, e il trucco nero intorno agli occhi le ha rigato le guance. Mi avvicino a lei per aiutarla, per chiederle se le serve qualcosa, ma scappa via e sparisce in un attimo, gridandomi parole in una lingua che non capisco. Spaventato, corro via da quel posto e mi ritrovo in parco deserto e silenzioso. "Nil" è un pezzo di pura elettronica che mette i brividi. Il synth si fa strada lento per esplodere sul finale a braccetto con la voce dal forte accento scozzese. Cammino sotto una leggera pioggerella. I miei piedi scivolano nell'erba bagnata. I rami spogli creano dei giochi di ombre con la luce della luna, mi sembrano delle mani che vogliono catturarmi. Sento un fruscio e mi volto di scatto, ma non c'è niente. Proseguo verso casa sua, non è lontana. L'umidità mi entra nelle ossa, e tremo di freddo. Continuo a camminare. Sento di nuovo un rumore, ma non faccio in tempo a girarmi perché due mani forti mi afferrano per il colletto della giacca. Vengo scaraventato a terra. Vedo sopra di me un volto familiare, il motivo della mia insonnia. Nelle cuffie continuano a suonare i Twilight Sad, ad altissimo volume. È la volta di "Don't Look At Me", con la batteria metallica e l'atmosfera dark. I suoi occhi azzurri si incrociano con i miei. Mi fissa e non dice una parola. Perché? Gli grido contro. Perché fai questo? Tace e distoglie lo sguardo, poi si alza e mi libera dalla sua presa. Mi fa segno di andarmene, di scappare via, lontano. La musica non ha smesso un momento di rimbombare nella mia testa, e adesso il groove di "Kill It In The Morning" è così pesante che mi sembra un macigno. Mi metto a correre più veloce che posso. Cado, mi graffio una guancia. Riprendo a correre, ma adesso sento che dietro di me anche lui corre. Mi insegue. Non ce la faccio, le lacrime mi offuscano la vista. Cado di nuovo, e stavolta lui mi è addosso. Mi dispiace, mi dice. Non doveva finire così. Mi dispiace, mi dice mentre affonda la lama del suo coltello nel mio torace. Il sangue sgorga a fiotti. Sento la vita affievolirsi, allontanarsi. Mi dispiace, mi dice lui fissandomi con quei suoi occhi chiari.
La musica s'interrompe all'improvviso, sostituita da un suono meno affascinante. Un suono forte. Apro gli occhi. Sono nella mia stanza, nel mio letto. È mattina. Mi guardo attorno e capisco tutto. Era un sogno, uno stramaledetto sogno. Sento ancora quel suono. È il mio cellulare che suona. Rispondo. È il mio amico, che mi dice di sbrigarmi, che mi sta aspettando al bar dell'università come ogni mattina. Scoppio a ridere. Era solo un incubo.
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