Questo pezzo è il migliore secondo John Peel. Peel ha ragione. Questo pezzo ti si attacca alla pelle, come l’impetigine. Questo pezzo è sporco e tuttavia salubre, come nessuno. Tracci col dito la sagoma degli steccati: ma dove stai? Dentro? O fuori dal recinto? “In the neighbourhood” dice Fragal Sharkey. La periferia è l’unico vero consorzio umano, l’unico residuo umano, l’unico residuo che non possa star totalmente sulle palle ad un estimatore che anche razionalizzi. Non c’è abbastanza tempo per capacitarsi. Solo scegliere. Nemmeno. Ti isoli dalle apparenze per fiutare l’esistenza; solo coi tuoi “teenage kicks”.
“Another Girl” spunta come Venere dalla conchiglia. Estraniativa. Le labbra rosse, serafiche e quel sorriso sfuggente bruciano al sole come il giallo dente di leone. Spariranno con sibili silenziosi. Ma, intanto, ci pieghiamo sulle cartilagini, adoranti; la chitarra grattugiata in un continuum è calda, calda come febbre tifoidea. Travolge l’anima, spinta contro il corpo dalla scalpicciante batteria che ci ha dettato l’inizio. Poi, il battimano meno idiota della storia vellica il rischio della caricatura. Pulsa, pulsa l’insano cuore, allo scoperto come salamandre al cambio di stagione. Infine, il sangue di Derry agogna un’altra “Gloria”.
Senza questa canzone non so stare; non affabulare. Non so vivere. “It’s the best I ever had”. Quei fremiti immortalati. “Are teenage dreams so hard to beat?”.
Carico i commenti... con calma