Tempi dilatati. Immagini sfuocate. Chitarre che evocano mondi lontani… Gia, perché le parole pesano poco in questo E.P. di cinque pezzi, esordio di quei Verve che poi fecero il botto con The Urban Hymns qualche anno più tardi, canto del cigno di un gruppo cambiato non poco con il passare del tempo. E questo disco ne è il perfetto esempio; non voglio dire ch’io non gradisca i lavori successivi, anzi ma questo ed il suo fratello maggiore uscito nel 1993 sono altra cosa.
La musica è rarefatta, come se le note si muovessero caute in una fitta nebbia. La voce è rarefatta e possiamo udirne l’eco lontano, come se qualcuno ci sussurrasse all’orecchio parole dolci, parole che rassicurano come in "A man called sun": “Walking with a man called sun I think my journey’s just begun” Musica che suona quasi decadente per orecchie che vogliono riposare e sognare ad occhi aperti (orecchie che sognano ad occhi aperti?) per paesaggi appena illuminati da un raggio di sole.
Il suono è rarefatto e si perpetua dolce per lunghe suite come in "Feel", ultimo pezzo di quasi undici minuti, docilmente psichedelico, impercettibile acquarello diluito sui toni del blu che parte con una batteria ed un cinguettio celestiale per svilupparsi attorcigliandosi intorno a se stesso.
Un perfetto disco per dare il buongiorno ad una domenica mattina pigra.
P.S. Vogliate scusarmi, mi sono accorto solo alla fine che il disco era già recensito. de-genere: PsichedeliaPopCelestiale.
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