I The Vines cercano di ripartire mettendo un punto alla loro travagliatissima storia con questo nuovo “In Miracle Land”.
Sesto album in studio, arriva a ben quattro anni dal precedente doppio “Wicked Nature”, progetto dalla natura un po’ confusa (come il suo autore Craig Nicholls, da sempre genio e sregolatezza) e, nonostante l’estemporanea reunion in formazione originale per aprire due live dei Jet a Sydney nel 2016, è stato inciso con la stessa formazione del lavoro in studio precedente.
I The Vines fanno parte di quelle band che sembravano dover spaccare il mondo ma che, per vari motivi (primo tra tutti l’instabilità di Nicholls, ovviamente) sono rimaste nel limbo, appoggiate da una fanbase non estesa ma devota nonostante l’esplosione definitiva non sia mai arrivata (e molto probabilmente mai arriverà). La bella sorpresa, però, è che questo “In Miracle Land” a conti fatti è il miglior disco del trio australiano perlomeno da “Vision Valley” ad oggi.
La scrittura di Nicholls sembra più a fuoco, anche se le coordinate sonore sono sempre le stesse che hanno portato fortuna al combo australiano, ovvero una curiosamente stabile commistione tra psichedelia sixties e l’abrasività tipica del grunge anni ’90, il tutto condito da fascinazioni britpop vecchia scuola (il singolo/titletrack che ha anticipato il lavoro addirittura due anni fa già lo confermava). Certo, i tempi della heavy rotation su MTV di brani come “Get Free” e “Ride” sono lontani, così come l’etichetta di next big thing non si addice più a Nicholls e soci, però tanti pezzi di questo nuovo lavoro sono assolutamente convincenti ed ispirati. Su tutte la meravigliosa “Sky Gazer”, che parte con un giro di chitarra brit à la Charlatans per poi perdersi in un paio di cambi di tempo azzeccati e coinvolgenti, ma anche le chitarre nirvaniane e taglienti delle telluriche “Leave Me Alone”, “Slide Away” ed “I Wanna Go Down” hanno il loro perché.
Non mancano brani che rappresentano un gradito ritorno alle origini dei primi due album, come l’opener “Hate The Sound” e la brevissima “Waitin’”, e Nicholls dimostra di non aver perso il suo tocco psichedelico in delicati numeri come “Willow”, la radiohediana “Emerald Ivy” e la deliziosa chiusura “Gone Wonder”.
Un punto di ripartenza per i The Vines, sperando che la tanto desiderata stabilità sia definitivamente arrivata.
Traccia migliore: “Sky Gazer”
Carico i commenti... con calma