Julian Casablancas fa centro pieno, e stavolta non con la sua band principale (The Strokes), bensì con i nuovi compagni di viaggio The Voidz.

Questo nuovo “Virtue” giunge a quattro anni dal precedente “Tyranny” (allora a nome “Julian Casablancas + The Voidz, stavolta invece rimane solo la ragione sociale della band, come a voler rimarcare un nuovo status di gruppo a tutti gli effetti) ed è un gran bel sentire. Licenziato tramite RCA e prodotto dal canadese Shawn Everett (già a fianco di Alabama Shakes e Weezer), è composto da 15 brani solidi e convincenti, che spaziano tra generi, mood ed astmosfere così diverse che fanno pensare alla biografia di un artista schizofrenico.

Casablancas aveva dichiarato, prima dell’uscita, l’intenzione di sviluppare un discorso musicale più accessibile rispetto alle precedenti proposte; e la scelta di pubblicare “Leave It In My Dreams” come lead single sembrava portare il tutto proprio in quella direzione, trattandosi di un brano piuttosto radiofonico, scorrevole e pesantemente strokesiano.

Ascoltando il nuovo album, però, ci si rende velocemente conto di quanto fosse un clamoroso specchietto per le allodole; “Voidz” è una strepitosa montagna russa che viaggia tra suoni, colori e generi tutti diversi tra loro, a partire dalla successiva “QYURRYUS”, orientaleggiante delirio in salsa electro.

Si tratta di un lavoro faticosamente suddividibile in tre tranche diverse. La prima è quella che attinge a piene mani dalla band “madre”: detto di “Leave It In My Dreams”, fanno parte della categoria anche le fascinazioni new wave di “Wink” e lo stellare folk per chitarra e voce di “Think Before You Drink”.

Abbiamo poi una corrente di brani che spinge sull’acceleratore e ci propone momenti ben più heavy e decisi a livello di sound, permettendo al batterista Alex Carapetis (componente dei Wolfmother) di snocciolare le proprie martellanti qualità dietro le pelli; “Pyramid Of Bones” è maggiormente rifinita e quadrata a livello di sound, mentre “Black Hole” e “We Are Where We Were” viaggiano a briglia sciolta tra suggestioni industrial, metal (devastante la parte centrale della seconda) e noise.

Nei restanti pezzi del disco, il discorso si fa molto più complesso, vista la quantità impressionante di stili ripercorsi dalla band. Si va dal synth pop di “Permanent High School”, ai Radiohead imbastarditi coi Depeche Mode di “My Friend The Walls”, all’incedere hip hop gorillaziano di “AlieNNation”, al britpop à la Artic Monkeys era “Suck It And See” di “Lazy Boy”, fino alle oscure ballad “Pink Ocean” e “Pointlessness” (che potrebbe uscire da un qualsiasi episodio del recente revival lynchiano di Twin Peaks).

Un disco incredibilmente vario e completo questo “Virtue”, che fa della sua varietà il proprio punto di forza. Una delle sorprese di questo 2018.

Brano migliore: “Think Before You Drink”

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