"The Wardrobe" è l'ennesimo sideproject di Tony Wakeford, Mr. Sol Invictus, stavolta accompagnato da Andrew Liles, figura di culto dell'avanguardia post-industriale britannica, polistrumentista e compositore dell'entourage di Steven Stapleton (Nurse With Wound) e quindi privilegiato interlocutore con la scena "neo-folk" (i legami fra Stapleton, Wakeford e David Tibet risalgono all'alba della loro esistenza, quando condivisero un EP e un disco triplo, che per i Sol era nientemeno che Lex Talionis); non c'è da sorprendersi dunque di questo duo apparentemente malassortito, visto poi che dal 1992 Wakeford nutre ambizioni avanguardiste piuttosto spicce (ricordiamo il disco a quattro mani proprio con Stapleton, Return of the Selfish Shellfish).
E proprio al ricordo di quell'album ci riporta l'ascolto del presente Cups in Cupboard, nelle sue parti più fumose e dilatate, ma anche nei suoi brevi sketches in cui l'apporto del corpulento menestrello si presenta nella sua proverbiale rozzezza attraverso sbracati arpeggi di chitarra acustica che si intrecciano con suoni elettronici analogici che fanno ripensare al primo Michael Waisvisz ("The Unopened Brown Envelope"); qualche sprazzo di Sol Invictus purissimi spunta nell'elegia di "Swishing Stick", che lascia in sospeso il solito giro di accordi à-la-Wakeford fino a farlo divenire una foresta sonora di accordi e arpeggi acustici, spazzata dal vento del sintetizzatore (ma peggio è "Windows", poco più di una demo di Wakeford solista: 4 accordi ripetuti fino allo sfinimento). In "Arcade" il gorgogliare delle tastiere si intreccia con qualche distratta nota di chitarra come nel procedere incessante di un macchinario, mentre l'ambient pianistico di "Lake and Tree" (con onde di sottofondo prese di peso dall'album degli HaWthorn) è poco più di una bambinata.
Altrove, il progetto ha pretese melodiche: è nell'apertura di "Moth Balls", o nella lunga e pensosa "The Smell of Paddling Pool" (forse l'unico brano veramente atmosferico nell'album, la cui idea di base è ripresa in "Wind in the Willows"): è in questi scampoli di colonna sonora da dramma liturgico che le due personalità sembrano fondersi nella maniera più completa ed indolore, elevando la prospettiva sonora e concettuale del disco oltre l'orizzonte di un delirante gioco fra nichilisti performers; questo è lo spunto - e l'auspicio - migliore che si può trarre dall'album: solitamente i progetti di Wakeford hanno una falsa partenza prima di realizzarsi compiutamente nelle loro potenzialità (vedi "Howden/Wakeford" e "L'Orchestre Noir"), c'è dunque da sperare che il secondo album dei The Wardrobe porti a frutto quel poco di fertile mostrato nella prima collaborazione.
5/10
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