Le quattro di una mattinata di marmo. Un uomo è al pianoforte, cerca di suonare le note il più delicatamente possibile per non svegliare la moglie di sopra. Ma è difficile trattenere le emozioni. E' buio e ti ritrovi solo con un blocco note ed una matita. E il tuo genio puro. Ti ritrovi quindi ad essere Mike Scott, ad essere un poeta romantico, un musicista visionario, una mente eccelsa, un grande dimenticato o forse mai ascoltato. Ti ritrovi a produrre molto più di quanto un semplice compact disc può contenere. O di quanto la tua casa discografica vuole.
Impossibile racchiudere tante frasi, tante parole e tante note, sinfonie, emozioni, in un singolo album, peraltro da 8 canzoni soltanto.


Questa premessa è per chi, leggendo qui e non avendo l'opera a casa, pensasse che il secondo cd è dei cosiddetti "scarti" o "esclusi".
Francamente non riesco a capire perché relegare "Spirit" a 2 minuti scarsi nella versione ufficiale e raddoppiarla abbondantemente nel cd degli extra.
Francamente non riesco a capacitarmi del fatto che una canzone quale "Beverly Penn" (o Then You Hold me)" possano non essere inserite in un disco.
Visioni poetiche, momenti di ispirazione massima. Ed è tutto il secondo disco così, con ben 14 tracce contro le 8 "ufficiali". Quattordici tracce complete, attenzione, non promo o versioni live di tracce già conosciute (esclusa "This Is The Sea (Live)" e giusto un paio di versioni alternative). Tutto il resto è mixato e finito. Avrebbero potuto pubblicarlo singolarmente e vendere un altro botto di dischi sull'onda del successo. Ma i Waterboys sono signori d'altri tempi, dei musicisti di quelli veri.
Insomma se il disco è il mare infinito, questa è la riva di un isola vergine e deserta.


Si inizia con la Poesia di "Beverly Penn", un piano che ti cattura e ti veste di parole magnifiche, con una sensibilità che solo un vecchio irlandese può avere. Tra le prime 5 migliori del gruppo, una grande esclusa davvero.
Si prosegue con altre canzoni come l'incalzante "Medicine Jack", ma soprattutto, si ha un corpo centrale dell'album solo strumentale. E che musica. "High Far Soon", "Even The Trees Are Dancing", "Towers Open Fire". Si va dal rock classico, a quello elettronico alternativo, restando sempre nel genio di Mike & co. Potrebbe arrivare a voi, dopo qualche repeat, la versione live della title-track: testo leggermente diverso, una passione decisamente unica. Difficile non credere che le parole d'amore di Mike non riguardino lui. Forse è l'uomo più romantico della terra. E ce lo dimostra ampiamente con "Then You Hold Me": Un uomo solo, una donna lontano, un uomo solo con un foglio e una matita in una stanza completamente vuota tranne un tappeto e un piano, una donna di sopra che dorme ma intuisce le sue parole. Poi lei scende, lo abbraccia e lui non vorrebbe essere nessun altro al mondo. Un uomo che sogna e lo spirito vola. Il miracolo che lui vuole è lei. E una versione pre-fisherman's di "Sweet Thing" non può che far piacere prima che il disco ci lasci e Mike riposi.


Se c'è tempo ora vi parlerò del cd vero e proprio, pure se quello è decisamente conosciuto. Si distinguono la classica ed epica "The Whole Of The Moon", ormai classico rock degli anni 80, l'orchestrata "The Pan Within", con i suoi archi travolgenti, poi c'è la title track finale e di infinta bellezza.
Ma il mio cuore non ne vuole sapere: vuole riascoltare ancora una volta la storia di Beverly Penn, vuole innamorarsi di quella voce e quell'anima, tanto enorme quanto poco considerata.


Potrei dare fuoco a cento uomini o nuotare in un lago ghiacciato, per soltanto una volta nella mia vita, amare qualcuno nel modo in cui Mike Scott ama la musica.


Quella era la riva, ma è questo, credetemi, il Mare.

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