Mi sono spesso chiesto se ci sia mai stato un motivo per cui, finché gli Yardbirds avevano Eric Clapton come chitarrista, in Italia non si siano mai degnati di pubblicare lo straccio di un singolo. A guardar il pelo nell’uovo però, non è così. Nonostante sulla copertina italiana del 45 ci sia l’immagine di Jeff Beck (subentrato a Clapton, inorridito dalla svolta pop del gruppo!) quando gli Yardbirds incisero il brano, alla chitarra solista figurava proprio il futuro Cream che, in verità, diede solo un piccolo contributo impegnandosi ben poco e non suonando neanche l’accenno di un assolo; lui avrebbe voluto incidere nientemeno che una cover di un brano di Otis Redding! A scrivere “For Your Love” fu il diciannovenne Graham Gouldman (futuro membro dei 10cc) che in verità aveva in testa i Beatles quando la compose, tanto è vero che desiderava fossero proprio loro ad inciderla! Come ben sappiamo fortunatamente non andò così, e quindi gli Yardbirds con questo 45 giri salirono finalmente alla ribalta, dopo esser stati scartati dalla CBS e dalla Decca e avendo ottenuto un contratto con la Columbia, e scritturarono Beck (dopo un rifiuto da parte di Jimmy Page). Una delle tante curiosità che riguardano l’incisione di questa canzone è l’intro: fu scelto Brian Auger per suonarlo all’organo ma, con incredulità, tutti si resero conto che al momento non era disponibile né un organo e nemmeno un pianoforte; Auger così suonò l’inizio (che ripete gli accordi di accompagnamento per tutta la durata della canzone) con un clavicembalo disponibile, pensando - in cuor suo - che nessun amante della musica pop avrebbe mai comperato un disco con un clavicembalo all’interno! Fortunatamente ciò non accadde e la canzone, seppur di struttura alquanto elementare (quegli accordi iniziali erano la prima preda di chi si apprestava ad imparare a suonare una chitarra), esce fuori con forza e con piglio assolutamente vincenti grazie anche ai tamburellanti bongo suonati da Denny Pierce. Vistoso l’effetto in controtempo della batteria, la voce di Relf è bella e chiara, e i cori assaltano il brano scalando di continuo le note, mentre il bello viene con l’inciso che cambia completamente tempo e si sviluppa accartocciandosi su se stesso. Il retro, intitolato “Got To Hurry”, porta la firma di un certo Oscar Rasputin, dietro il quale si celava Giorgio Gomelsky, e in questa occasione Clapton ci da dentro con più foga probabilmente perché sentiva che questo pezzo era molto più vicino al suo modo di intendere una canzone. C’è molta vena blues e il canto del cigno di Eric è salutato con la sua elettrica per tutta la canzone, grazie anche al fatto che trattasi di uno strumentale e quindi molto avvezzo a lasciar spazio al chitarrista; da qui ne nasce un assolo killer che andrebbe ricordato insieme al resto dell’opera di Clapton come uno dei più intensi commiati della storia per un chitarrista che ha deciso di andarsene da un gruppo. Se nella vostra collezione possedete la personale copia di questo singolo, potete vivere in pace, tranquillamente!
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