L'avessero detto del gruppo dove suonavo, che sembravamo dei Ramones alla vaccinara, mi si sarebbe stampato in faccia un perenne sorriso a 72 denti ed avrei gonfiato il petto, ringalluzzito per l'orgoglio.
Qualcosa del genere si diceva degli Zeros, banalmente e superficialmente liquidati come la versione chicana dei fratellini. Non so come la prendessero loro, ma con i Ramones non avevano poi molti punti di contatto, a parte suonare un punk'n'roll strettamente imparentato col rock'n'roll ed il beat degli anni Sessanta.
Nel fatale triennio 1976/1978 combinarono poco, giusto un paio di singoli, «Wimp / Don't Push Me Around» e «Beat Your Heart Out / Wild Weekend», ma fu sufficiente ad attirare l'attenzione, perché la qualità dei brani era stratosferica.
Ritrovate il tutto (e di più) nell'eccellente raccolta «Don't Push Me Around» targata Bomp! e qui, praticamente, potrebbe chiudersi la storia ...
Poi, però, all'alba degli anni Novanta arrivano ‘sti pischelletti dei Green Day e degli Offspring, che a colpi di corporate-(pseudo)-punk sbancano le classifiche; ed allora ci sta che a Javier Escovedo e compagni comincino a turbinare le balle, perché, in piccolo, loro quel suono avevano contribuito a costruirlo, senza tirarne fuori un ragno dal buco, se non la breccia scavata nel cuore mio e di qualche altro migliaio di balordi persi in angoli remoti del globo terracqueo.
Quindi, prendono la decisione: riformiamo la banda e mettiamo le cose in chiaro.
E raramente una riunione è stata più dignitosa e fruttifera di quella degli Zeros, se il frutto è quel gran pezzo di vinile di «Knockin' Me Dead», quindici pezzi tirati fuori dal cassetto e riproposti con una grinta ed una passione che pare di essere tornati indietro di vent'anni.
Che bel disco, ragazzi.
Vogliamo subito toglierci il dente e non pensarci più? E sia.
Andatevi ad ascoltare «Beat Your Heart Out» (con la partecipazione della grande Kim Shattuck) e «Outta Place» che evoca il fantasma di Joey intento a dedicare «Here Today, Gone Tomorrow» a tutti i cuori solitari, ed allora, sì, queste sono pepite a 24 carati che farebbero la loro porca figura nel repertorio dei Ramones.
Ma il resto è tutta farina del sacco degli Zeros, a partire da quella «Wimp» che spacca a destra e a manca, e che gli AC/DC ci hanno costruito una carriera sopra, fregandosene allegramente dei diritti d'autore, perché gli Young ancora vanno in giro a dire che quel riff lo hanno inventato loro, come no ... Canzone pesantissima, «Wimp», un classico misconosciuto del punk, non per niente ripreso da combo del calibro di Hoodoo Gurus e Nomads.
Stesso discorso, pari pari, per altri due pezzi da brivido: la title track, strepitosa ballatona che è allo stesso tempo una dichiarazione d'amore spudorata per i New York Dolls, altro che Ramones chicani; e «Lay Off, She's Mine», che è come «Wimp» liberata da ogni peso per assumere le sembianze di uno spedito punk'n'roll stradaiolo.
Sulla scia di «Lay Off», poi viene tutto il resto, da «Baby's Gotta Have Her Way» a «Shannon Said», fino «She's So Wild».
Per chiudere in bellezza con due cover scintillanti, «Sometimes Good Guys Don't Wear White» dei maestri Standells e l'indescrivibile cazzeggio di «Ninos», proposta in salsa latina della beatlesiana «Boys».
In due parole, un godibilissimo disco che mischia rock'n'roll, beat e punk, deliziosamente fuori tempo.
Carico i commenti... con calma