Se quella scalmanata e grande orchestra che sembrava essere la New York più in opposizione e progressista, all'alba del passaggio di testimone tra Settanta ed Ottanta, aveva un direttore questi era senz'altro Glenn Branca. L'uomo, il cui fascino avverso stimolò le fantasie dei più importanti 'wannabe' della scena cittadina e non solo, si poneva al centro di un movimento loft che prendeva le distanze dalle dinamiche club, fino a quel momento imperanti. In quel piccolo giro, che frullava in un unico contenitore arti figurative, musicali e teatrali, confluirono tutte le menti più deviate del lotto, da Arto Linsday a Lydia Lunch, passando per James Chance e Lucy Hamilton, Jeffrey Lohn e Wharton Tiers, fino a giungere a Rhys Chatham.

In questo fervente contesto artistico, mossero i primi passi i Theoretical Girls, il cui nucleo oltre ai già citati Glenn Branca, Jeffrey Lohn e Wharton Tiers (tutte figure chiave della scena No Wave e avanguardistica, presente e futura), comprendeva anche la tastierista Margaret DeWys.

"Theoretical Record" ha l'onere di ricordarci la genesi di molteplici forme d'espressioni che da lì in avanti avrebbero contemplato il rumore, nell'underground americano. Fortemente legato alle dinamiche del Punk - il riverbero di quanto fatto da Television e New York Dolls ancora fendeva l'aria - tutto quel frastuono aveva il sapore della liberazione, sebbene ancor in embrione, da dinamiche e schemi attitudinali prescritti dai circuiti d'etichetta. "Computer Dating" e "Nato" sembrano volerci spiegare che la confusione è sesso, mentre il clangore Industriale spastico di "Polytonal" riesce a far inorridire e sorridere allo stesso tempo. Non passa inosservata la New Wave fracassona di "Mom & Dad", disturbata dagli ottimi contrappunti elettronici della DeWys, come anche l'approccio deviato di "Chicita Bonita" e "Parlez-Vou Francais". "Theoretical Girls", "Europe Man" e "No More Sex", invece, fanno da contraltare all'approccio 'arty' con il loro capriccioso Punk Rock quasi a volerci ricordare da dove arrivi tutto quel rumore, geograficamente e musicalmente.

A stagliarsi su tutto le chitarre insolitamente acute, insolitamente insopportabili, insolitamente maestose ed insolitamente rumorose di Glenn Branca e Jefferey Lohn (qui in veste anche di unico songwriter), che giocano a rivisitare il modello di "dialogo Rock" tra asce, generando detriti.

Non sbagliò John Cage, associando anni dopo la violenza rumorista di Branca - e relativa dimostrazione di potere - al fascismo. E pensare che mancavano ancora tre anni all'ascensione.

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