Questo disco, quando uscì, fu considerato da molti come il prosieguo dell'epoca d'oro dei Therion.
I precedenti lavori del gruppo, erano perlopiù esperimenti (riuscitissimi diremmo) di quell'incarnazione sinfonica con marcati tratti gotici che ben rappresenterà poi i Therion dell'avvenire (leggi: di oggi, anche se con molte differenze e discriminanti).

Se "Theli", infatti, aveva posto le basi del classico ed inqualificabile stile della casa, "Vovin" lo aveva spinto sino all'inverosimile, tralasciando quelle che erano le attitudini Death Metal degli inizi carriera, per concentrarsi maggiormente sul sinfonismo, l'epica dei brani, e la straordinaria intelligenza degli argomenti trattati nei testi, opera dell'intellettuale ed occultista Thomas Karlsson che si rifanno ad una tradizione mistica ermetica, erede dei Rosa+Croce e della Golden Dawn, non disdegnando i culti misterici antichi, che partono dagli Egizi, e dalle culture mesopotamiche, fino ad arrivare alla mistica ebraica e all'Odinismo. E "Deggial", infine e se si vuole, non è altro che il riassunto, la sintesi, usando parole inappropriate, di quella enorme classe che ha portato la band ad essere osannata nel mondo.

In questo enorme e stupefacente circo che miscela senza tanta parsimonia miti antichi, Heavy Metal roccioso ma raffinato, goticismo e gusto melodico sopraffino, si farà strada nei Therion quell'attitudine barocca e pomposa che poi darà loro tanta fortuna, ma che agli occhi dei detrattori sarà sempre l'arma con cui accuseranno il gruppo delle più svariate cose: d'essere prolissi, noiosi, ripetitivi, compiacenti del proprio ego. Tutte queste cose potrebbero anche essere vere. In parte lo sono eccome, ma fanno indubbiamente il paio con il fascino etereo che le loro canzoni hanno sempre irradiato, e con questo album, al di là di ogni concetto già detto, tutto viene riconfermato, anzi sottolineato in maniera inconfutabile.

Dieci canzoni, più un rifacimento di un brano d'opera ("O Fortuna", che in origine faceva parte dei famosissimi Carmina Burana, opera del compositore tedesco Carl Orff), che pongono in essere uno stile estremamente volubile ed eclettico, cui va a sommarsi l'enorme bagaglio sinfonico ed operistico che la band inserisce come colonna portante in quasi tutti i brani. Così, accanto a pure perle oniriche ed inarrivabili, dove sembra di navigare in una costellazione magica, come in "The Invisible" o in "Enter Vril-Ya", si passa al pout-pourrì di influenze che i Therion omaggiano senza tanti veli, come in "Eternal Return" (chiarissimo il riferimento agli Iron Maiden, tanto che sembra quasi, dopo lo svolgersi del prologo gotico bellissimo, di ascoltare una delle loro hit), o come in "Flesh of the Gods", riferimento un pò più generico, ma sempre marcato, ad una certa quale NWOBHM (tra l'altro, a cantare nella canzone è Hansi Kürsch, che molti conosceranno per essere la voce dei Blind Guardian).
Se vogliamo però, per onestà, dobbiamo dire che i migliori episodi passano per le canzoni con il piglio più intimistico e forse più riconoscibile dei Therion stessi. Sicché la stessa "Deggial" partendo da un a base Progressive, evolve, dal suo centro fino alla fine, in una scarica adrenalinica ed incandescente di Heavy tirato e ben costruito, che nella sua geometria non può che affascinare l'ascoltatore. Ma pure " Via Nocturna part I, II" non manca di centrare l'obiettivo di mettere a nudo la straordinaria versatilità della band, che quì dà libero sfogo alle elucubrazioni liriche e sinfoniche, ponendo all'inizio uno struggente ed epico passaggio di violini, organi ed archi (tutti in originale, e non campionati, avendo la band, in questo disco, utilizzato una vera piccola orchestra. Preludio poi di quello che faranno su "Lemuria" e "Sirius B"), per poi acutizzare il senso tragico e romantico della canzone, attraverso una cadenza vibrata, quasi ipnotica che le chitarre profondo a piene mani e senza imbarazzi.

Un sogno, più forte di qualsiasi paradiso artificiale, più grande di qualsiasi immaginazione, più imponente e stupefacente proprio perché comprensibile in parte o solo a metà. Tutti, ascoltando attentamente questo disco (e solo attentamente, bisogna precisarlo: i Therion non sono un gruppo da stereo in macchina), potranno ricavarne la loro impressione soggettiva. Diversa certamente da persona a persona, e forse proprio in questo, più che sui rimandi magici ed esoterici delle composizioni, si cela il grande fascino di una musica che non rappresenta un punto fermo, ma piuttosto una mistura di impressioni ed emozioni che si conforma, volta per volta, ai desideri e al volere di ognuno.

Se non è genio questo, ditemi voi di che cosa si tratta, perché io non saprei proprio come spiegarvelo altrimenti.

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