Nello sconfinato panorama metal esistono alcune band in continuo cambiamento e rivoluzione, band capaci di irradiare genialità ad ogni loro album e i esplorare i confini più affascinanti e reconditi del metal, unendo vari sottogeneri un'amalgama perfetto: band del genere sono più uniche che rare: i Cradle Of Filth, gli Amorphis, i Bal-Sagoth e gli svedesi Therion, gli alchimisti del metal per eccelenza, figli e seguaci di quel Segno della Croce del Sud tracciato tempo addietro da Tony Iommi e dal Vate Ronnie James Dio.Un perfetto esempio di tali sublimi capacità è dato dal loro tredicesimo album in studio, il doppio "Gothic Kabbalah", un album dorato, che brilla di un'algida, arcana e terribilmente affascinante luce mistica, quindici canzoni come i quindici simboli runici ampiamente illustrati nel booklet.

Il primo disco è magistralmente aperto dalla sfolgorante alchimia stellare di "Der Mitternachtslowe" in cui si fondono alla perfezione squillanti voci femminili a cupe e teatrali voci maschili, in una corrente ascensionale di raro fascino, seguita a ruota da "Gothic Kabbalah", forse la canzone più power del disco, dotata di un ritornello orecchiabile e trascinante e di una linea flautistica che accompagna la melodia e ribadisce la vena progressive della band. Terzo capolavoro su tre è la sinuosa e serpentina "The Perennial Sophia", rilassante e inquietante al tempo stesso, con quel chorus profondo ed evocativo di distorte visioni paradisiache, su cui domina il fuoco dell'eterna saggezza. Tematicamente collegata alla precedente ma decisamente più metallara nel sound, e al tempo stesso teatrale e altisonante è invece "The Wisdom And The Cage", che apre la strada a due perle che partono come ballate sinfoniche per poi sfociare in un particolarissimo e trascinante Therion-Power Metal, ovvero la possente "Son Of The Staves Of Time" e la visionaria "Tuna 1613". Chiudono la prima parte del capolavro "Trul", dall'impeto metal piuttosto rallentato, in cui la band dimostra le sue capacità tecniche nei prolungati assoli e la criptica e tenebrosa "Close Up The Streams".

Il secondo disco inizia con i migliori auspici: "The Wand Of Abaris" è un viaggio musicale condensato in soli 5:51 che ci trasporta in un soffio dai torridi deserti egiziani ai maestosi paesaggi del Grande Nord "earthly foretaste of Walhalla...", seguito dall'ennesima gemma, "Three Treasures", in cui si mischiano strofe quasi doomeggianti, un ritornello malinconico e visionario, e l'assolo chitarristico finale, potente e tecnicamente perfetto. Abbastanza anonima e interlocutoria invece "Path To Arcady", che spalanca le porte alla stupenda cavalcata astrale "Thor Odin Frey - The Trinity", che sublima il concetto stesso di metal cosmico e allucinato, "Chain Of Minerva" si fa invece apprezzare per le enigmatiche linee di basso e l'andamento sonnolento e sulfureo, che sfocia nella suggestiva e tesissima intro di "The Falling Stone", ennesimo esempio della caratura artistica di questa straordiaria band, che va a chiudere il suo aureo concept album con la maestosa e affascinate suite "Adulruna Rediviva", che sfoggia una vena Symphonic Progressive e continui cambi di tempo sempre sorprendenti e mai fine a se stessi.

In conclusione i Therion hanno sfornato ancora una volta una pietra miliareun disco che sa trasportare in un'altra dimensione, terribilmente bello e privo di qualsiasi caduta di stile, riuscendo così nella difficile impresa dove i Cradle Of Filth (con Damnation And A Day) e i Dream Theater (con Six Degrees Of Inner Turbulence" avevano in parte steccato). Capolavoro assoluto da avere a tutti i costi.  

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