"Psykerion", nuovo album dei Thought Chamber, band dei chitarrista e compositore Michael Harris, concept album spaziale, lavoro che ad avviso dello scrivente è quanto di meglio sfornato nella scena progressive metal negli ultimi 2-3 anni, segnala il ritorno sulle scene della band, dopo l'ottimo Angular Perception di alcuni anni fa.
Le 16 tracce che compongono formalmente l'album in realtà sono di meno, visto che molte volte le stesse si legano l'una all'altra con soluzione di continuità: non so il perché di questa scelta, forse adottata per evitare di inserire troppi pezzi molto lunghi, io avrei preferito comunque diversamente.
L'album si apre solennemente con la strumentale ‘Inceptus', nella quale i richiami al precedente album dei Thought Chamber ed alla discografia solista di Michael Harris sono evidenti, ed ancora più evidenti sono la perizia strumentale in particolare dell'eccezionale sezione ritmica, che darà lustro all'intero album. Altra nota caratteristica della song e dell'intero album è quell'aura sci-fi da ‘space progressive rock' che permeerà l'intero album in maniera molto affascinante.
A seguire vi sono ‘Exodus' e Psykerion: The Question', legate l'una all'altra come se fossero una sola traccia, nelle quali dopo un bel solo di Michael Harris si entra in territori cari al prog metal di Harris-iana derivazione (vedi album ‘Sketches from the thought chamber'), ed al dinamico ingresso di Ted Leonard: ritmiche nervose, elettriche e d acustiche, fanno da tappeto al bellissimo refrain (spettacolari i ricami di basso), la cui melodia sarà più volte in maniera geniale riproposta nel corso dell'album sotto mille sfaccettature.
Il grandissimo inizio viene stemperato dall'acustica ‘In the Words of Avakus', anello di congiunzione di due minuti verso la successiva ‘Light Year Time', song dove ho ritrovato uno strano connubio tra Yes, prog rock anni 70 ed Enchant. Il pezzo è risultato forse l'unico un po' troppo fuori contesto, e nonostante la maestria degli arrangiamenti e delle partiture strumentali non mi ha entusiasmato troppo, anche perché assolutamente monocorde rispetto ai tentacolari cambi di tempo e di atmosfere delle altre song del disco.
I miei timori di un album piatto vengono però presto scongiurati: ‘Keralyps' nei sui 5 minuti e mezzo è un capolavoro, ed un perfetto esempio di prog-metal-song-da-manuale, impreziosita da una parte centrale strumentale da capogiro (basso e tastiere sugli scudi), dalla splendida performance di un Ted Leonard che si conferma ad alti livelli dopo l'ottimo lavoro con gli Spock's Beard e da un refrain molto ostico che però pian piano ti entra in testa e non ti lascia... basti pensare che a me in alcune parti (vedi ingresso alle parti strumentali) ricorda Burn The Sun dei mai troppo osannati Ark.
Ci si riprende con ‘The Black Hole Lounge' e Circuits od O.D.D.', anch'esse collegate come se fossero un unico pezzo di tre minuti. Si comincia con atmosfere da lounge jazz bar, con splendide costruzioni di Michael Harris e basso in evidenza, per poi passare a richiami elettrici che sfociano nella seconda parte delle due canzoni, con Ted Leonard ottimo interprete e Michael Harris autore di un solo meraviglioso, sorretto dalle splendide partiture di basso di un grandissimo Jeff Plant - gradissima scoperta - . Ottimi 3 minuti, che lasciano il passo al capolavoro assoluto dell'album, nonché, ad avviso dello scrivente, una delle migliori prog metal song mai ascoltate:
‘Behind The Eyes Of Ikk' è tutto questo: la genialità di Michael Harris fa sì che il pezzo inizi con suoni techno (si, si, techno!) house, che sfociano meravigliosamente in una costruzione prettamente metal, pesante e corposa, che arriva alla strofa dopo due minuti di riffing ‘assassino' dell'eccellente chitarrista. Grandissima la costruzione melodica sia della strofa che del refrain, ad eccezionale perfezionamento di una song immensa, grazie anche all'eccellente ricamo di tastiere. Le sorprese non finiscono qui, però, perché con naturalezza viene richiamato il tema iniziale, con una splendida costruzione di tastiere che porta alla parte centrale strumentale di matrice funk rock (si, si funk rock!), dove tutti gli strumentisti raggiungono picchi elevatissimi, con gli splendidi solo di Harris e del tastierista Bill Jenking, sorretti da una ritmica spettacolare (invito ad ascoltare bene le parti di basso e batteria).
Dopo il rientro al ritornello ed un nuovo solo di Harris in chiave funk si arriva alla parte finale, impreziosita dal bellissimo solo del bassista (non ho più parole - siamo sui livelli di Randy Coven sull'album degli Ark, per intenderci) e di Michael Harris, a degna conclusione di una song che ogni amante del prog dovrebbe ascoltare minimo dieci volte al giorno: geniale.
Le atmosfere elettriche vengono placate con ‘The isle of Bizen' pezzo arioso e dalle grandi melodie, nel quale la chitarra acustica, l'ottima interpretazione di Leonard e le tessiture del basso ne fanno grande la struttura.
A seguire cambiamo invece registro con la power-prog song ‘Xyretius pt.2', che, dopo il primo minuto nel quale la fa da padrona l'atmosfera ‘spaziale' ed intensa di un grandissimo Michael Harris alla chitarra, decolla e si sviluppa grazie alle azzaccate melodie di tastiera ed un ottimo crescendo centrale. Ottimo pezzo, che fa da ‘lancio' alla successiva ‘Recoil'.
Il brano inizia con il tema melodico di inizio disco, splendidamente richiamato da un delicato violino e dalla voce di Leonard, per poi proseguire in una scheggia impazzita dove la sezione ritmica crea splendidi, articolati passaggi, intermezzati dalle strofe narrate dall'ottimo cantante. Tre minuti davvero notevoli.
La successiva traccia che compone il disco è un'altra piccola perla: ‘Breath of Life' è una dolce ballad nella quale la voce di Ted Leonard si innalza a vette mai raggiunte prima (e parlo con cognizione di causa, avendo seguito quasi tutti i progetti del bravo cantante), con i fantasmi degli Enchant che fanno capolino. La canzone è impreziosita da un cristallino lavoro strumentale che ne rende al meglio il senso melodico: bellissima.
A seguire abbiamo l'altro capolavoro immenso dell'album, ‘Trascend', dove la sezione ritmica, le tastiere e lo splendido riffing del mai troppo lodato Michael Harris costruiscono una prog-song dal sapore melodico straordinario, con una strofa ed un ritornello che entrano in testa dal primo ascolto. La canzone al minuto 2:30 si apre alla chitarra acustica, che fa da preludio alla nuova strofa ed al ritornello, fino al break centrale di incredibile bellezza, il quale dopo il magnifico solo di Harris prosegue con una parte quasi raggae, per poi proseguire in una splendida atmosfera ‘spaziale', dove strutture da fusion estrema fanno da contorno alle lunghe partiture solistiche del chitarrista (stupende, sembra che sia stata presa in prestito la genialità di Allan Holdsworth), senza dimenticare l'incredibile, per gusto, tecnica e suoni, performance del basso di Jeff Plant, per il quale non ci sono davvero parole.
Dopo un rientro al ritornello vi è un nuovo break, che introduce alla parte finale, tutta in 7/8, sorretta da un basso pulsante e dalla voce di Ted Leonard e dai cori di magistrale fattura, per una canzone di rara bellezza, costruita in maniera esemplare, senza che si possano notare forzature o digressioni: anche questa a mio avviso una delle canzoni più belle degli ultimi anni.
A concludere, vi è l'accoppiata ‘Planet Qwinkle' ed ‘Inner Peace', nelle quali sono forti i richiami a ‘Mr.Qwinkle's Therapy', splendida strumentale del precedente album dei Thought Chamber, ed ai lavori solistici di Harris, in particolare l'ultimo Trans-Fused. Bellissima costruzione strumentale la prima, nella quale ancora sugli scudi sono tutti gli strumentisti, ottima chiusura melodica per la seconda.
In definitiva, il sig. Michael Harris ha creato, aiutato da splendidi strumentisti, in particolare il bassisita Jeff Plant, un grande capolavoro di prog metal, che fa impallidire nomi più blasonati per qualità, cultura musicale, idee e costruzione dei brani.
A fianco alle pazzesche ‘In the Eyes of Ikk' e ‘Trascend' vi sono tante piccole perle (Keralyps, Breath of Life, Recoil, Planet Qwinkle), e solo un paio di casi sono di tenore inferiore rispetto al resto dell'album.
Consigliatissimo, per me album dell'anno nettamente davanti ai pur ottimi Spock's Beard ed Haken, spero solo che il gruppo abbia la visibilità ed il successo che merita, e spero che in futuro il sig. Harris ci delizi ancora con album di indiscussa elevata fattura come il presente.
Da segnalare che nella limited-edition da me posseduta vi sono anche Isle Of Bizen in versione acustica e Recoil in versione strumentale, neanche a dirlo, bellissime.
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