Il progetto Throbbing Gristle è ormai da anni una leggenda, e pochi come loro, forse i Nurse With Wound, si sono addentrati in territori cosi surreali ed estremi. Nella metà degli anni Settanta si risponde allo schema divenuto prolisso del prog, nell'era post 1975, con una semplificazione punk o con il manierismo dell'industrial. La lavorazione elettronica di quest'ultimo genere non scende in egocentrismi o assoloni in divagazioni dispersive, ma tende a rendere la struttura del brano "computerizzata", disumana. Manipolazione di nastri, voci oscure e frammentazione dei suoni. Si tengono a mente "Sister Ray", le dissonanze, il rumorismo, l'avanguardia e anche la pittura,come la corrente dada. Un periodo di forte ispirazione per tutti e nel 1975, a Londra, si forma il quartetto capitanato da Orridge al basso e alla voce. Troviamo anche Cosey Fanni Tutti alla chitarra, Christopherson alla programmazione e direttore elettronico e Chris Carter al synth.
Con il primo lavoro, vertice assoluto, ci catapultiamo in un collage rumoristico, anarchico ed impressionante che pone le basi per l'industrial successiva, come Cabaret Voltaire ed Einsturzende Neubauten. Un suono frammentato e un'impostazione teatrale, filmica, che più nel far riflettere la mente tende a far riconoscere l'ascoltatore nel vortice disperato. Un magma elettronico che non dà via di scampo e che supera molte band metal, per quanto riguarda l'impatto sonoro. Con questi synth e giochi di nastri il combo inglese fornisce un disegno dell'Inghilterra della working class e della negatività del lavoro alienante. La produzione consumistica che rende un numero sia il lavoratore e sia l'acquirente. C'è quindi sia un messaggio sociale, sia una buona occasione pel far sconfinare l'opprimente male umano e sia lo shock sonoro.
Con il secondo disco si arriva a una forma vicina alla canzone, allentando i vortici di "Slug Bait" e "Maggot Death". Si tolgono i collage di conversazioni, tranne nella celebre "Hamburger Lady", e si aumentano però gli spasmi dei synth. Totalmente strabordanti nell'intro "I.B.M." che fa impallidire l'inizio di "Facelift" dei Soft Machine. Oppure nei vortici di "Dead On Arrival" o nella psichedelia post Amon Duul di "Hit By A Rock". In "AB/7A" si anticipa perfino la sospensione colorata di Four Tet e i brani che concludono l'opera sono dipendenti del puro assalto frontale del synth. Non si effettua l'apocalisse del primo lavoro ma si stende il sound su strutture riconoscibili e digeribili per l'orecchio, senza abbassare il volume però. Infatti l'elettronica tesse l'ambient sul quale si intromette la voce surreale di Orridge e i ghirigori della chitarra. Un passo in avanti lo si è compiuto nel togliere le spigolosità del primo disco ed effettuando un incipit per il successivo periodo. Il terzo lavoro è "20 Jazz Funk Great" e si propone una maggiore compostezza, usufruendo degli schemi cari ai Cabaret Voltaire.
Dopo questa fasce ascensionale Orridge persisterà seppur nei dubbiosi e altalenanti progetti degli Psychic TV, consapevole però di essere stato seminale nello sbloccare l'asetticità che stava attraversando la musica nella metà degli scoppiettanti anni Settanta.
Carico i commenti... con calma