Ascoltare un album solista di un qualsivoglia leader di una band apprezzata è sempre esperienza stimolante. Se poi si tratta del motore e della mente di un gruppo imprescindibile come i Sonic Youth, beh, ancora di più.
Questo "Trees Outside The Academy" (il suo secondo da solista) ci pone di fronte a una domanda: quanto c'è di Thurston Moore negli album della mitica gioventù sonica? Di sicuro c'è parecchio; ma per certi aspetti si ha anche la sensazione di ascoltare qualcosa di diverso. Perchè se è vero che la struttura dei pezzi è beno o male quella, a cambiare abbastanza è il suono e la strumentazione: Thurston infatti si fa spesso accompagnare dalla brava violinista Samara Lubelski e questa volta decide di staccare la spina preferendo un suono meno distorto e più acustico. Degno di nota anche l'apporto in diversi brani di Mascis dei Dinosaur Jr. alla chitarra, che tra l'altro lo ospita nei suoi studi di registrazione.
Questa sensazione la si ha fin da subito con il pezzo di apertura "Frozen Gtr", di certo uno degli episodi migliori del disco e prosegue con dei pezzi d'atmosfera e piacevoli fino alla quinta traccia. L'album scorre che è un piacere mantenendo una sua coerenza compositiva e ci mostra un Moore maturo in versione direi quasi cantautoriale.
Nella parte centrale dell'album invece qualcosa cambia. "American Coffie" ci riporta inevitabilmente agli anni d'oro: quelli a cavallo tra gli '80 e i '90: un riverbero "sonico" infatti , ci avvolge in apertura per poi sfociare in un pianoforte dissonante che ricorda (e non poco) quello di "Providence" inserita nel monumentale "Daydream Nation". Stesso discorso per la successiva "Wonderful Witches + Language Meanies" in cui a fare la parte del leone è il fidato Shelley alla batteria: potrebbe sembrare un brano di "Goo", meno rumoroso e aggiornato ai giorni nostri. Da segnalare anche la suggestiva "Never Light" e la titletrack che sembra essere uscita dalle sessioni di "Sonic Nurse" o "Rather Ripped": sei minuti di chitarre sostenute e cambi di ritmo da far invidia a molte nuove leve del rock.
L'album si conclude in maniera bizzarra con un monologo ritrovato a casa della madre e risalente a quando il musicista aveva 13 anni.
Dopo circa 25 anni di onorata carriera alle spalle, e dopo averci regalato pagine indimenticabili con gli altri "Sonici", Moore non ha più nulla da dimostrare; di certo continua a realizzare dell'ottima musica: a noi va benissimo così.
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