Se l'amore è in sedicesimo l'incontro dello sciamano con la dea, la musica è in sedicesimo l'amore.
E' piccolina la musica, molto piccolina, una pozzanghera che riflette l'arcobaleno, un fiore da niente, che, appena lo guardi appena più di un attimo, non è più solo quel fiore.
Non lo è e non lo può essere, visto che siam noi che lo guardiamo...
E così nel nostro sguardo, grazie a quell'apparire improvviso, comincia come un vagabondaggio, che è di nuovo musica.
Oh si, la musica è una specie di passeggiata sognante.
“Inseguendo per un attimo il blues che fugge” diceva Tim Buckley e fa niente se la traduzione è magari sbagliata.
Ah, conosco poche cose che restituiscano così bene l'idea del vagare senza meta come questo album: forse il miglior Coltrane, forse “Rock bottom” dello zio Robert o magari certe delizie craute...
Anche se qui, proprio qui, c'è qualcosa in più...
Che qui, proprio qui, la ricerca (il vagare) rimane nell'ambito di una mirabile immediatezza dove tutte, ma proprio tutte, le musiche dell'anima si dicono buongiorno o ciao come stai...
Qui c'è un suono d'insieme che si insinua sottopelle, una specie di carezza che lascia spazio alla magia della voce.
E quando la voce si concede un po' di riposo, i musicisti si prendono la scena con una delicatezza infinita: le mille lucine che si accendono e si spengono dell'elettrica di Underwood o il suono da carillon metafisico del vibrafono di non mi ricordo chi.
La voce di Tim non riesco, no davvero non riesco...
Virile e femminile a un tempo, è come il volo di un uccellino da niente, il planare regale di qualsiasi cosa vi sembri regale.
Come un sismografo che oscilla la dove oscilliamo noi.
Come...oh basta...
Ah la cosa buffa è che questo è un disco di scarti, pubblicato per stemperare gli sperimentalismi della prima facciata di “Lorca”...
Un disco di scarti, ah ah ah!!!
Carico i commenti... con calma