"Da quando lui è qui la neve non ha mai smesso di cadere..." 

Credo che il mondo abbia sempre più bisogno di cantastorie, che per un attimo ti trasportano in una dimensione leggera, ricordandoti quanto le favole possano essere nutrimento per la nostra anima. Tim Burton è un cantastorie. Che racconti di bambini intrappolati nel corpo di adulti, di Bat-uomini e sinuose Cat-donne, di registi falliti o fabbriche di dolciumi, riesce sempre a prenderti per mano e accompagnarti nel suo magico mondo di opposti. Questa è la Fiaba dei giorni nostri, del diverso che cerca di essere accettato, che sembra affermarsi a furor di popolo riuscendo nel suo intento, per poi sprofondare nuovamente nelle tenebre da cui è venuto, vivendo nel ricordo della sola persona che lo ha capito, che ha capito di appartenere ai veri Diversi. I Diversi che non colgono la meraviglia di una danza sotto la neve o l'importanza di avere ogni cosa al proprio posto, o quei Diversi che credono alla verità più comoda, che gli fa avere case dai colori sgargianti e l'erba più verde del vicino. La bestia viene cacciata dal villaggio, ma questa volta per noi niente lieto fine, niente principi azzurri e donzelle felici. Si chiude tutto con un sospiro, sospiro rivolto alla vittoria dei Diversi, alla sconfitta della Bestia, che continua a essere viva, pura e immonda, nel buio castello in cima alla collina, in compagnia di tutto ciò che i Diversi non vogliono affrontare, preferiscono dimenticare.

Consigliato a tutti coloro che credono nelle favole, e che sperano sempre che le favole riescano a far galoppare l'immaginazione rispecchiando la realtà, in cui le lieti fini scarseggiano. E Burton, poeta degli opposti, è forse il cantastorie della celluloide che più riesce in questo intento.

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