In sul calar del sole - e in pieno mare aperto - un uomo si appoggia al parapetto del ponte di una nave. Guarda giù, pensa, focalizza.

Se l'uomo è un nevrotico, anche se grave, si limiterà ad osservare i flutti immaginando in che modo e con quali conseguenze l'io si diluirebbe in loro.

Se l'uomo è uno psicotico semplicemente si tufferà.

È tutto molto chiaro. E lo è sin dal principio.

Da quando una sbilenca sonata al pianoforte reitera le sue frasi come una melodia inceppata nei solchi di un vinile. E guarda giù, pensa, focalizza.

Osserva ed è osservata. Tentacoli dronici la tentano di sotto e la voce della folla, la ratio di onde radio processate, la trattengono di sopra.

Abbarbicati sulla rupe di Scilla con gli occhi sgranati sul gorgo di Cariddi, sedotti dalla metafisica aristotelica ma con la fronte rivolta alll'iperuranio platonico, intrappolati nella Comédie Humaine della nevrosi sognando quella Divina (?) della psicosi.

Colori modern classical frantumati in altiforni drone, intollerabili profondità minimal prosciugano l'eco di bordate noise à-la Ben Frost, lo spleen lacerante di carillon sublunari sfuma nei Campi Elisi della Musique concrète.

Un disco giocato sul piano sequenza di forze inumane che nello sguardo umano trovano la loro profonda ragion d'essere.

Come se il brodo primordiale del Basinski più fluente - quello di "Shortwavemusic" e di "The River" - fosse issato sulla tela dagli ammiccamenti impressionisti dell'Eluvium di "Copia".

Come se gli ammiccamenti impressionisti dell'Eluvium di "Copia" fossero destrutturati e infine sepolti dal brodo primordiale del Basinski più fluente.

Un uomo è in piedi, in equilibrio sul parapetto del ponte di una nave. Guarda giù, pensa, focalizza.

Già tutta l'aria imbruna/torna azzurro il sereno e l'uomo chiude gli occhi.

Chiude gli occhi e...

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