Quando negli anni Cinquanta si componeva la prima musica elettronica, gli studi radiofonici erano dotati non soltanto di oscillatori ma anche di generatori di rumore bianco. Strumenti necessari per certe misurazioni elettriche ed utilizzati in seguito anche dai musicisti. Il rumore bianco è un segnale che oltre a essere privo di periodicità è anche caratterizzato da uno spettro che comprende tutte le frequenze, e con uguale ampiezza. Il nome denota l'analogia con il colore bianco che, similmente, contiene tutte le lunghezze d'onda dei diversi colori con la medesima intensità. Molti compositori hanno utilizzato creativamente il rumore bianco, così come gli scultori utilizzano il marmo, ovvero ''estraendo'' dalla materia forme strutturate, il compositore estrae dal rumore bianco sonorità nuove e raffinate.
Virgins è il successore dell'acclamato Ravedeath 1972. Con la trilogia Ravedeath - Dropped Pianos (EP) - Virgins, Hecker conferma il suo momento d'oro. Sfornare due gioiellini uno dopo l'altro non è certo roba per tutti, si sa, ma il valore artistico del canadese non è mai stato messo in discussione. Virgins si attesta infatti ancora su livelli altissimi. All'organo verrà ora sostituito il pianoforte, a tratti lento e melodico, a tratti ''strimpellante'' e minimale. A metà fra Steve Reich e Charlemagne Palestine, uniti all'inconfondibile tocco di Hecker, il sound dell'album si differenzia con orgoglio da qualsiasi produzione precedente dell'artista.
I tratti stilistici fondamentali di Hecker non cambiano. Ne cambia semmai la modalità d'ascolto. La narrazione è infatti meno oscura e decadente rispetto ai lavori precedenti. Se Ravedeath 1972 era un incubo, una cattedrale in fiamme che crollava a pezzi, Virgins, pur mantenedo sonorità ''soffocanti'', è manifesto stesso di etereità e lieto fine.
Sul piano tecnico l'utilizzo dei bordoni è come sempre fondamentale, rumori e distorsioni sono ancora ben presenti, seppur il pianoforte prenda spesso e volentieri le veci di protagonista assoluto. Fondamentale è anche il prosieguo della collaborazione tra Hecker e Ben Frost (Live Room sembra proprio uscita da un disco di Frost, complici le classiche modulazioni della distorsione e le violente scosse digitali tipiche dell'australiano).
La musica di Hecker è uno dei trasduttori più potenti degli ultimi anni. Scariche elettriche colpiscono e mettono in vibrazione le ossa e la mente dell'ascoltatore.
Solito viaggio onirico. Anzi, a dire il vero con qualcosa in più del solito, direi quel qualcosa che solo i grandi dischi come questo possono avere e riescono a conservare nel tempo.
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