Esordio personale su DeBaser (siate clementi...!), motivato dallo stupore nel non vedervi una recensione di questo capolavoro prog metal tricolore.

Siamo nel 1995, la recente uscita di Images and Words (Dream Theater, c'è bisogno di precisarlo??) ha rivoluzionato il campo del prog, coniugandolo appunto col metal e proseguendo così il percorso tracciato dai seminali Rush e, a loro modo, anche da Queensryche e Fates Warning, anche se questi proponevano un metal tecnico, melodico, leggermente venato di prog: insomma, è coi Dream Theater che la matrice prog (con i suoi ricami strumentali, con la lunga durata delle tracce, col ruolo da protagonista delle tastiere e col gusto della melodia e della varietà di stili e tempi anche all'interno della stessa traccia) irrompe in campo metal.

In Italia, terra fertile da sempre per il progressive, nascono come funghi le bands che s'inseriscono in questo nuovo filone, alcune personalizzandolo, altre semplicemente emulando i maestri del genere: i Time Machine s'inseriscono senza dubbio nel primo gruppo, essendo una band attiva già prima dell'uscita della suddetta pietra angolare del prog metal (I.& W.) e ispirandosi semmai più a Queensryche e Fates Warning, e dunque al metal americano degli anni '80.

"Act II: Galileo" è il loro primo album vero e proprio, avendo già pubblicato precedentemente un mini bellissimo e da culto ("Project: Time Scanning"), e si tratta di un concept album (all'epoca formato molto in voga) incentrato sulla figura appunto di Galileo Galilei (sì, proprio lui, lo scienziato-filosofo che da il nome a metà delle piazze e vie d'Italia!!) che inizia in modo assai suggestivo proprio con la comunicazione, con voce sinistra, della sentenza di condanna del Nostro da parte del Tribunale dell'Inquisizione.

L'album scorre così lungo 19 tracce tra brevi strumentali e tracce di varia durata (la più lunga è di 7:57 min.), tutte magnificamente in grado di ricreare l'atmosfera dell'epoca (siamo nel 1633), grazie all'uso sapiente delle tastiere, suonate dal bassista nonchè leader del gruppo, Lorenzo Dehò, e di effetti sonori degni d'un film strorico (rumori di passi, di chiavi che aprono una cella, di fuoco che brucia, ecc) e grazie soprattutto alla bellissima voce di Folco Orlandini, d'una delicatezza davvero adatta a questa operzione di viaggio nella storia.

Ritengo inutile un track by track per l'album in questione, essendo un concept molto coeso e di grande valore dall'inizio alla fine, che presenta giri di pianoforte che vi si stamperanno in testa al primo ascolto, così come i riff di chitarra, questa dal suono davvero particolare (un plauso anche alla produzione) contribuendo così a rendere originalissima l'opera in questione, insieme alla grafica e alla stessa carta con cui è realizzato il libretto, che lo fa sembrare un papiro dell'epoca! Merito della Lucretia Records, etichetta nostrana che l'anno successivo diede alle stampe un altro capolavoro cui posso accostare l'album in questione, ma solo per la capacità di ricreare atmosfere d'un epoca storica passata, ovvero "Holy Land" degli Angra (e la stessa sensazione la proverò qualche anno dopo col progetto Leonardo, realizzato dal mastermind dei Magellan, Trent Gardner).

I Time Machine hanno poi sfornato altri begli album, ma nessuno in grado d'eguagliare la bellezza di questo, forse solo "Evil" vi s'avvicina (primo capitolo d'una trilogia incentrata su Eymerich, l'inquisitore protagonista dei libri di Evangelisti, cui ha fatto seguito il secondo - Reviviscence - e di cui da un po' attendiamo con ansia il terzo ed ultimo...).

In conclusione, "Act II: Galileo" rappresenta un vero capolavoro di metal  venato di prog, ricco di atmosfere ora più delicate, ora più tese, a seconda di quanto richiede lo svolgersi del concept, che, solo per aiutarvi ad inquadrarlo, potrei definire un mix tra The Wall dei Pink, Holy Land degli Angra (appunto), e i primi Queensryche, ma prendete con le pinze questi accostamenti, soprattutto il primo, sono puramente indicativi!

Complimenti a Dehò e compagni, da italiani c'è da andar fieri d'una simile opera.

Saluti, DeLettori,

Federock.

(Forse ho ecceduto con le parentesi... vabbè, è la prima, migliorerò!)

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