1993, ormai è estate piena. Fa davvero caldo, specialmente se hai i capelli lunghi, ma i nostri cinque ragazzi non sembrano farci caso, stanno incidendo il loro disco. Loro sono i Timoria e il disco non è il primo. Ma questo è diverso, questo è un'altra cosa. Questo è il concept, l'Opera con la O maiuscola, ne sono tutti convinti, ci hanno lavorato tanto e ne sono entusiasti. Sanno che, se non riusciranno a sfondare ora, difficilmente le cose potranno migliorare in futuro. La carica è al massimo, il momento giusto è questo e bisogna sfruttarlo.

21 tracce, 73 minuti descrivono questo viaggio che non è solo quello di Joe, il protagonista di questo album che pare un film, ma il viaggio intimo di una generazione che come al solito non si riconosce nella società. Ma, a differenza di "20 anni fa" in cui "era tutto diverso", ora non si può fermare il mondo, non c'è più il vento di una volta. Il '68 è passato da un pezzo, ora non ci si arrabbia quasi più neanche se (da un annetto) si stanno rovistando gli armadi della politica italiana per trovarvi scheletri vergognosamente corrotti. Non si può far altro che fuggire e la via più semplice è spesso la droga. È proprio da lì che partono i nostri, dal "Sangue impazzito" di chi "non sa se fuggire o rincorrere qualcosa", si abbandona e si chiede come ha fatto ad arrivare a quel punto così miserabile. Il viaggio della droga non ha portato lontano, l'ha fatto soltanto correre per restare fermo (per citare gli U2). La strada deve essere un'altra. E dal centro di disintossicazione, dove ti insegnano "a non guarire mai", si parte, si fugge dalla "Lombardia" "Verso oriente", un oriente fantastico, onirico, che più che essere un luogo geografico è qualcosa di altro, di lontano. Qui Joe si immerge in una spiritualità che lo porta all'utopica "Città del sole" e a quella della guerra, nella continua contrapposizione di valori, il bene e il male convivono in lui "Come serpenti in amore". Anche in questo immaginario oriente non mancano la nostalgia, le tentazioni, i dubbi e la ricerca della libertà, qualsiasi cosa essa sia. La perfezione. Joe a un certo punto ci arriverà, grazie ad Eva, la cui bellezza salverà il mondo. Così "la sete di Joe viene spenta" e "Il guerriero" potrà tornare, perché adesso ha imparato anche "ad amare il suo dolore" e a "dare un senso a giorni inutili".

È un viaggio anche dal punto di vista musicale, poiché il disco spazia da un hard rock energico e pestato ad atmosfere sognanti e sospese, che ben dipingono il bisogno di alterità rispetto alla standardizzazione sociale. Si passa attraverso ballate malinconiche, a pezzi che appagano soprattutto l'orecchio degli amanti delle basse frequenze. E i nostri cinque ne sono straordinariamente all'altezza. Eccellenti collaborazioni, tra cui Mauro Pagani, Eugenio Finardi, Candelo Cabezas, accompagnano un Omar Pedrini particolarmente ispirato, Enrico Ghedi alle tastiere, Illorca al basso, Diego Galeri alla batteria e Francesco Renga (che è a mio parere la miglior voce maschile della scena italiana). I Timoria si sente che ci credono davvero in questo album, che tra l'altro non dimostra i 17 anni che sta per compiere. Credo che il motivo di ciò stia nella sua genuinità, nonostante sia allo stesso tempo molto curato nei testi, nelle musiche fino ad arrivare ai dettagli del booklet. "Viaggio senza vento" è intriso di letteratura, filosofia e spiritualità. Deve molto soprattutto al vecchio Herman H., ma anche a tanti altri, tra cui Tommaso Campanella, Fedor Dostoevskij, Dino Campana.

Carico i commenti...  con calma