Tinto Brass-Io, Caligola (1979)

"Quando la libertà diventa liberticidio e quando i valori morali svaniscono, allora tramontano le civiltà, logico no?" Chissà se il Caligola storico abbia mai pronunciato una simile frase... Io credo di sì, la trovo attualissima, e messa a bruciapelo all'inizio di questa martoriata pellicola ha il tono di una lucida profezia sulla decadenza senza fine dell'umanità in mano ai pazzi da sempre. L'ultimo peplum erotomane, è un film culto, visionario, kitch, un circo felliniano-Satyricon e una satira politica sul potere, taglieggiato dalla censura, girato e poi rinnegato dallo stesso Brass che abbandonò il set per divergenze varie con la produzione di Bob Guccione,quello di "Penthouse" -che vi mise pure scene hard extra girate da lui stesso. E' in fondo un pò punk, questo Caligola impersonato da McDowell,  figlio del '77, anno  in cui uscì per la prima volta, per essere subito sconfessato dagli sceneggiatori Gore Vidal e D'Amico, finire sequestrato e poi proiettato qua e là per l'Italia nel novembre del '79, passare in versione hard integrale al festival di Cannes, e finire rimontato e accorciato  nel 1984 da Franco Rossellini per i cinema e le vhs.

I soldi e le fighe a disposizione erano tanti, il cast era addirittura stellare: Helen Mirren, Peter O'Toole,Paolo Bonacelli, Leopoldo Trieste, Adriana Asti, la recitazione è da filodrammatica, nonostante il contorno violento e orgiastico con McDowell che nelle scene più toccanti e drammatiche recita come se stesse impersonando Bruto - Marlon Brando nel Giulio Cesare di Mankiewicz.  Nonostante l'apparente disconoscimento, l'anima di Brass,  vitellonesca e sibaritica, si riconosce in diverse grandi intuizioni visuali  del film: come un adolescente curioso, per il Tinto nazionale la macchina da presa è un buco della serratura con cui spiare i  fondoschiena.

Così questo suo transfert cinematografico - psicologico nella storia agiografica di Caligola, è in fondo  una proiezione vitellonesca sull' imperatore bambino, che ha in mano il mondo come un giocattolo:  fino a che non impazzisce, all'inizio del suo principato il principe si comporta degnamente. Era finito il rigore di Tiberio, e il nuovo Cesare aumentò le elargizioni ai soldati e alla plebe, promulgò diverse amnistie, allentò la censura. Sì, aveva il vizietto di amare la sorella Drusilla, alla moda egizia, ma con rinnovato rigore morale cacciò dall'ordine dei cavalieri per la loro cattiva condotta, e graziò con l'esilio dalla morte per annegamento tutti i porno attori-che avevano allietato Tiberio negli ozi di Capri.
Così ad un certo punto, come vuole la tradizione di origine senatoria, e due fonti, entrambe ostili di Svetonio e Dione Cassio, avvenne in lui un brusco cambiamento dovuto ad una meningite: iniziò il periodo della sua follia, con l'uccisione del nipote di Tiberio, Gemello, la divinizzazione post mortem della sorella -amante Drusilla, le chiacchierate campagne militari, la germanica e la britannica, e tutta una serie di atrocità, orge, eccessi e  stranezze, come imporre al senato la presenza del proprio cavallo Incitatus, o il voler essere appaludito come istrionico auriga, cantante, suonatore, e persino ballerino, con quel secco ritmo che anticipava di secoli i balli moderni.

Una scena tra le più poetiche di Brass: la cinepresa immagina il giovane Caligola  malato di nostalgia e assoluto, che sentendosi un dio, alza le braccia al cielo verso la Luna lontana e serena, immaginando di sentirla arcanamente in amplesso con lui. Come biasimare il suo desiderio prometeico di unirsi con la femminilità cosmica, la Luna-Iside, una volta per tutte;  Iside che ridia il senno e ricomponga i pezzi di una mente scissa come Osiride,  come in una  masturbazione filmica bianca, totale e definitiva che nessun film umano potra' mai dare? Chi di noi, almeno una volta, tra la "brama di assoluto" e la mancanza di un senso che trascende il mondo, da giovane non ha mai detto Voglio la luna...

 

 

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