Mi sia consentita una riflessione.
Questo cd usciva nel (se non erro) 1998. Mio fratello mi mandò dal marocchino sul lungomare con diecimila lire per comprarglielo. Io ignoravo quasi del tutto l'identità di questo pupazzetto in copertina (ascoltavo pochissimo la radio) e sulle prime non riuscivo ad associare la faccia sbarbata a quel lagnoso che chiedeva scusa portando una rosa (sarà il figlio del marocchino che vende le rose sullo stesso lungomare dove il papà contrabbanda cd falsi? - mi chiedevo). Poi mio fratello ha scoperto i Pink Floyd e i Led Zeppelin and so on e questo capolavoro della masterizzazione è sparito dalla rotation casalinga. Ok, pace. Ma ora l'ex (ma neanche tanto) sbarbato è tornato. Si dice cresciuto e maturato.
Ok, ascoltando l'ultimo cd può anche essere, ma il motivo di questa mia è un altro: cos'è rimasto dentro Tiziano Ferro del ragazzino di centoundici chili? Lo vediamo super glamour e super cool ovunque ci sia spazio per promozionare, sui giornali strombazza la sua solitudine umana che lo spinge a scivere testi intimi e introspettivi (?). Le versioni spagnole dei suoi cd (questo "Rojo Relativo", "Ciento Once" e "Nadie està solo") vendono più di quelle italiane, in latinoamerica e Spagna è un dio ma lui apostrofa le messicane con noncuranza chiamandole "baffone". Si dice sia omosessuale, ma gli si attiribuisce un flirt con Giorgia Surina (la supergnoccona di Mtv). Ha trovato senza dubbio la pietra filosofale.
In virtù di tutto ciò ripenso a questo esordio, quando con voce acerba si proponeva sulla scena con un genere, a suo modo, originale. Filastrocche in rima baciata su basi pop-r'n'b, look casual e faccia pulita, capace di piangere davanti a tutti per il premio rivelazione del Festivalbar. Non so chi ha mai avuto occasione di vederlo (era una vecchia puntata di Meteore) concorrente di un quizzino di serie Z col solito Mike: tracagnotto, infagottato in un maglione optical oversize tremendamente anni '80, alla domanda del Mike "cosa farai da grande ?" l'ovvia risposta "mi piacerebbe fare il cantante" e partiva uno dei suoi acuti vibrati, grezzo ma genuino.
Faceva tenerezza in qualche modo, dava l'idea di uno che si sbatteva, che ci credeva, che voleva a tutti costi che il suo sogno di prove in cantina con una band di squattrinati diventasse realtà e mestiere, uno che nonostante proponesse una musichetta da jingle pubblicitario legalizzato non andava del tutto demolito (Greggio direbbe "son ragaaaaazzi. . . . "). Voce soul-jazz calda e profonda, dono di natura prestato alle classifiche di bassa lega forse, venduta alla logica del commercio... in questo cd la canzone più bella è "Il bimbo dentro", un pò ovvia sul tempo che passa.
Tiziano ce l'ha ancora un bimbo dentro? Fine della riflessione.
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