Per dirla tutta, non credo di essere mai riuscito a realizzare una mia idea precisa su quello che sarebbe stato il mio futuro. No. Non mi riferisco solo a questo periodo in particolare ovviamente, nel quale tutte le cose mi appaiono offuscate, ma questo è sempre successo: non ho mai visto il mio futuro. Non sono mai riuscito a immaginarmelo. E di conseguenza questo in qualche modo non esiste, non è mai esistito e potrebbe non esistere mai nella (mia) vita. Ho sempre sentito, per quanto io possa ricordare, dentro di me pervadere una certa ansia. Mi sono sempre sentito a disagio e di conseguenza come se dovessi sempre andare di fretta. Mi sono sempre sentito di fretta perché volevo che il tempo, il mio tempo, passasse più velocemente possibile. Allora sono sempre stato molto più interessato a come le cose vadano a finire invece che a come queste vadano effettivamente. Nel frattempo, voglio dire. Questo perché non so vivere veramente la mia vita. Non so vivere veramente la mia vita e allora voglio vedere come la mia vita, come la vita in generale vada a finire. Un attimo. Chiaramente non sto teorizzando il suicidio e neppure pretendendo che arrivi una qualche apocalisse che spacchi in due parti la povera Terra e che ci faccia tutti quanti volare all'aria nello spazio assoluto. Sono semplicemente interessato a come la vita umana e la società si evolvano. Non sono capace di cogliere il tempo presente, ma voglio sapere tutto del passato e voglio vedere il futuro.

Ho cominciato a rimuginare su tutte queste cose proprio ascoltando questo ultimo disco di Tobacco (aka Thomas Fec), il progetto solista della band synth-psych di Pittsburgh Black Moth Super Rainbow. 'Sweatbox Dynasty' (out via Ghostly International lo scorso agosto) ha dei contenuti che oserei definire in qualche modo grotteschi. Immaginate di essere incollati, legati e imbavagliati in qualche modo sul divano della vostra stanza da soggiorno a guardare un film di David Cronenberg. Incroci di tecnologia cibernetica e visioni allucinate e ardore e passioni umane. Oggetti di una letteratura di ambientazione cyberpunk. Philip K. Dick ma ancora meglio K. W. Jeter, James Graham Ballard. Di che cosa hanno scritto tutti questi autori? Hanno parlato del tempo futuro oppure di quello che è (era) il tempo presente? Fa qualche differenza?

Quando ero un bambino, mio padre era un operaio metalmeccanico e lavorava alle macchine a controllo numerico in una grande fabbrica aeronautica. Civile ovviamente. Il mio unico vero grande sogno era quello di crescere e lavorare con lui. Dormivo tutte le notti con un martello, un paio di pinze, un cacciavite, degli attrezzi da lavoro, sotto il cuscino. Il tempo però è passato e le cose sono cambiate e ora che ho più di trent'anni (trentadue) non ho mai realizzato quello che era il mio sogno: costruire aeroplani assieme a mio padre. Del resto, quale altro sistema migliore per rivolgere un occhio al futuro avrei potuto trovare?

Non ho mai creduto di poter diventare un ingegnere o addirittura un astronauta, ma ho sempre pensato che avrei potuto e che avrei voluto 'costruire', costruire le cose con le mie mani - letteralmente - costruire il futuro con le mie stesse mani. Ma ho fallito.

A questo punto, considerandomi incapace di avere un ruolo attivo e concreto come costruttore, ho cercato di fare del mio meglio agendo in maniera attiva all'interno della nostra società e con gli altri, ma sembra che io non sia particolarmente bravo neppure in questo. La sensazione di fallimento deve aver creato quello che è un muro invisibile tra me e gli altri e che mi impedisce di avere relazioni in qualche modo ordinarie o che abbiano veramente un senso. Ho cominciato a pensare di essere invisibile e poi di essere semplicemente diverso. Ho pensato di essere Gesù. Non fatto per vivere la propria vita come gli altri e in mezzo agli altri, ma secondo delle regole morali e etiche che mi sono prestabilito e che non mi faranno mai vivere una vita serena. E anche se questo mi fa soffrire, sento che è questo il mio destino. La via che devo perseguire. Non lo so. In qualche modo questo mi fa sentire 'vanaglorioso' e ha fatto sorgere allo stesso tempo in me delle manie di grandezza.

Costruisco infiniti mondi dentro la mia testa e nei quali non sono esattamente un dio, ma un creatore a tutti gli effetti, qualcuno che modelli le cose con le proprie mani e secondo le proprie scelte, qualcuno che sceglie come le cose debbano essere. Ho fatto anche delle sperimentazionoi. Ho comperato un acquario, ho costruito un mio personale acquario e nel quale ho sperimentato sui pesci che hanno cominciato ad abitarlo come avrei dovuto e potuto operare per creare un buon contesto, un ecosistema armonioso e funzionante.

Ho fallito di nuovo. Pesce grande mangia pesce piccolo. E quando non accadeva, questi in ogni caso si mordevano l'uno con l'altro. Apparivano allora deformi e le loro pinne erano mutilate e quando uno di questi procreava, allora subito tutti questi piccoli pesci venivano mangiati dagli altri. Tutti questi minuscoli pesci, grandi quanto delle gocce di sperma, che venivano inghiottiti in un sol boccone da questi pesci più grandi e mostruosamente deformi. L'acqua cominciò a stagnare e tutto cominciò a puzzare in una maniera infernale. Ho cercato in tutti i modi di porvi rimedio, senza riuscirvi, così un giorno, non avendo altra possibilità, ho deciso di porre fine a questo orrore. Ho prelevato i pesci dall'acquario con un retino, ho raggiunto il bagno e li ho lasciati cadere all'interno del gabinetto. Ho tirato lo scarico. I pesci hanno cominciato a vorticare sempre più velocemente nell'acqua, fino a scomparire. Quando la tempesta è finita, il gabinetto era finalmente pulito. Io mi sentivo pulito, anche se è stato solo un attimo, perché sentivo di non avere più alcuna responsabilità. Ma la mia anima era dannata per sempre.

Come altro avrei potuto raccontarvi di questo disco. Thomas Fec ha raggiunto oramai una fama concreta anche con il suo progetto solista, che del resto non trovo affatto sia meno interessante che i Black Moth Super Rainbow, che al contrario molte volte non si capisce esattamente dove vogliano andare a parare, perdendosi dietro sperimentazione e sonorità troppo vaghe.

Anticipato dal singolo 'Gods In Heat', uscito lo scorso maggio, il disco è un complesso di elettronica e sperimentalismi psichedelici e allucinati, dum breaks e overlays, sovrastrutture sonore mescolate all'utilizzo concreto di sintetizzatori e effettistica vintage che a tratti rimanda a una certa tradizione della musica elettronica wave di fine anni settanta e inizio anni ottanta. Ho pensato ad esempio ai Nation 12. Ma i contenuti in questo caso sono sicuramente più oscuri. Sicuramente le liriche non sono il contenuto centrale dell'album, contano poco del resto in questo, ma Tobacco è comunque abile a trasmettere i suoi sentimenti e lasciarvi entrare in questa dimensione orrifica e in questo spazio vuoto e rumoroso dove da soli dovrete affrontare la vita e quello che è il tempo presente e senza perdere d'occhio la via verso il futuro. Possibilmente, allora, senza mettere via attrezzi da lavoro, non dimenticare di stare sempre in guardia. Magari dormite con un occhio solo. Non vorrete mica perdervi anche un solo attimo della vostra esistenza.

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