Non certo un film facile. Ma chi ha detto che la vita di Bob Dylan è stata/è facile?

Per quanto ne sappiamo noi, la sua personalità è fra le più contorte e controverse del Novecento. Dylan davvero "non è interessato a niente in assoluto"? O è solamente "terribilmente interessato che la gente lo creda"?

Non certo un film lineare. Ma lineare non è neanche Bob Dylan, almeno per quanto riguarda la sua personalità pubblica. Per questo Todd Haynes decide di far interpretare a sei attori diversi 7 lati della personalità e periodi della vita del cantautore.

Christian Bale è Jack Rollins (il Dylan attivista politico di "Freewheelin' Bob Dylan" e "The Times They Are A-Changin'"), che poi ha una crisi mistica e si ritira dalla music business diventando un predicatore evangelico (ovviamente una rappresentazione del periodo cristiano di "Slow Train Coming", "Saved" e "Shot Of Love").

Cate Blanchett è Jude Quinn, il Dylan della svolta elettrica di metà anni sessanta, stravagante e distaccato (apparentemente) da tutto e tutti. E' un caso che sia questo il personaggio, tra l'altro interpretato da una donna, più assomigliante al vero menestrello di Duluth da un punto di vista fisico? Haynes ci vuole forse dire che in quel periodo Dylan ha espresso il lato più veritiero di sé? Ai posteri l'ardua sentenza, anzi ad ognuno di noi, perchè questi sono pensieri e punti di vista del tutto personali.

Richard Gere è il famoso Billy the Kid, che oltre a richiamare il film di cui Bob Dylan curò la colonna sonora (e recitò in una piccola parte secondaria), è anche il "lato oscuro" del cantautore, il suo essere anche un po' ladro, un po' fuorilegge. Un fuorilegge che poi difende il proprio paese e il proprio popolo, sottolineando come non ci sia mai un solo punto di vista quando si parla di Bob Dylan. Tutto è doppio, tutto è ambiguo e ambivalente.

Heath Ledger è Robbie Clark, un attore che interpreta Jack Rollins in un film a lui dedicato e che conosce Claire (Charlotte Gainsbourg) che diventerà poi sua moglie. Clark è quindi la rappresentazione della vita privata di Dylan (la storia d'amore con Sara, le questioni legali per la custodie delle figlie...).

Ben Whishaw interpreta un ragazzo che si presenta come "Arthur Rimbaud" (tra le influenze più grandi per Dylan), che per tutto il film non farà altro che parlare come rispondendo a delle domande, citando frasi e pensieri del cantautore americano.

Marcus Carl Franklin è invece il giovane Woody Guthrie (riferimento a un'altra personalità che ha avuto un enorme influenza su Bob Dylan), un ragazzino di 11 anni con un incredibile talento musicale che verso la fine del film andrà anche a trovare il vero Woody Guthrie, agonizzante in ospedale, proprio come fece il vero Dylan.  Sono infatti molti gli aneddoti e le leggende riguardo la vita di Robert Zimmerman citati nel film come, per fare un esempio, l'episodio del primo concerto elettrico a Newport e la leggende di Pete Seeger talmente scandalizzato da voler tagliare i cavi dell'elettricità.

La poetica di Bob Dylan è in questo film addirittura messa in pratica, resa realtà concreta dei fatti, rappresentata in ogni suo periodo, da "you walk into the room with your pencil in your hand, you see somebody naked..." a "they sat together in the park, as the evening sky grew dark".  C'è tutto Dylan in questo film, i momenti salienti della sua opera quantomeno. Haynes evita il rischio del solito film-biografia banale e retorico e cerca di penetrare nell'animo confuso e oscuro di uno dei più grandi musicisti e scrittori d'ogni tempo. Bisogna conoscere benissimo Bob Dylan per apprezzare "I'm Not There", bisogna conoscere le sue canzoni e la sua vita, le vicende che si è trovato ad affrontare e il suo pensiero. Non ci si può permettere il lusso di distrarsi nemmeno un attimo.

Un film denso, allucinato a tratti, sempre ambiguo e da interpretare. Un film difficile? Sì. Un film presuntuoso? Sì. Un film arrogante? Sbruffone, contorto, snob? Sì, sì, sì, sì. Just like Bob Dylan.

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