A causa di un appuntamento mancato, particolare assolutamente privo di interesse per il lettore, venerdì 11, nel pomeriggio, mi trovavo in quel di Modena. Accertato che la giornata era ormai persa (lavorativamente parlando), decido di fare una passeggiata, con sosta in qualche bar. Non avevo fatto i conti con il concerto dei Tokio Hotel, che a mia insaputa si sarebbe svolto la sera stessa.

Un enorme gregge di ragazzine bercianti ed in subbuglio ormonale si aggirava lungo le strade, spesso in compagnia (o seguite a breve distanza) da genitori similgiovani, a guisa di inefficaci cani da pastore. Un numero imprecisabile di camper occupava tutte le aiuole e i marciapiedi disponibili, con questi genitori (ahimè, spesso avrebbero potuto essere i miei fratelli minori) che sembravano più contenti dei figli di essere "al concerto". Non si spiegherebbero altrimenti gli innumerevoli striscioni attaccati sui lunotti dei mezzi e le magliette "rock" ostentate da mamme affette da differenti gradi di cellulite e padri con occhiale scuro d'ordinanza.

Già, e il concerto? Non so, io sono rientrato a casa e la sera ho mangiato in pizzeria con alcuni amici.  Il giorno seguente, tuttavia, passo dal mio amico fintogiovane e gli chiedo chi sono 'sti Tokio Hotel.
Adesso senti, mi fa: Ricerca su you-tube ed ecco l'hit single ("Monsoon", dico bene?). Cazzo, ma sembrano i Nirvana in salsa pop!! Ma l'avete sentito l'intro e anche il finale, con quegli accordi in minore, abbozzati?

Piano, non sto dicendo che questi sono bravi, ma è innegabile che questo pezzo, riarrangiato e cantato da una voce impastata dai vizi, diventerebbe esattamente uguale a centinaia di brani finto-indie-rock che ammmorbano l'etere e deliziano i giovani rockettari.

E questo mi spiega anche l'entusiasmo che vedevo sulle facce di tanti ultratrentenni e le magliette con gruppi anche rispettabili che innumerevoli giovani fans indossavano in occasione del concerto.

Ma il rock è morto?

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