"Welcome back says the voice on the radio".
Può piacere o meno, ma bisogna riconoscere che Tom McRae non è un artista che soffre della "sindrome del ciclostile", quella cioè che sulla scorta di un buon disco conduce a proporne uno pressoché identico dopo poco tempo. Infatti, "Just like blood" rappresenta per Tom McRae il tentativo di evolversi rispetto al suo primo disco omonimo di circa tre anni fa.
Un tentativo parzialmente riuscito.
Del resto le vie dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni.
In appena 40 minuti si nota un'attenzione maggiore verso gli arrangiamenti, meno essenziali e piú ricercati, a scapito, tuttavia, della spontaneità espressiva del cantautore inglese.
L'impatto emotivo del suo primo album era ben altra cosa rispetto a "Just Like Blood" (de gustibus).
Al primo ascolto si rimane un po' perplessi. L'impressione è di aver concluso anzitempo un viaggio musicale. Si ritrovano, comunque, atmosfere fosche, suggestive, affascinanti, ma non per tutti.
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