Sono trascorsi due anni dal monumentale "The Man From God Knows Where", un album cha per Tom Russell avrebbe potuto essere il più alto, ma anche l'ultimo lascito musicale di significativa importanza; invece un progetto di tale portata, ambizioso ed impegnativo, non solo non ha segnato il canto del cigno per questo cantautore ma, anzi, ha contribuito ad ispirare la nuova fase artistica che parte proprio nel 2001 con "Borderland". TMFGKW resta un episodio a sé, qualcosa di assolutamente irreplicabile, ma da allora in poi Tom Russell focalizzerà la sua produzione su dei piccoli concept album, dischi caratterizzati da una precisa ambientazione territoriale, oppure legati ad un particolare discorso tematico, scelta impegnativa ma che si rivelerà vincente, a fronte di una produzione di album di qualità quasi sempre ottima se non eccellente come appunto nel caso di "Borderland".
"Borderland", come il titolo e quel bellissimo, evocativo disegno infantile in copertina fanno supporre, parla di una linea di confine; nello specifico la linea di confine tra Messico e Stati Uniti, le città di frontiera di El Paso e Juarez, con tutte le atmosfere, l'epica, i miti e le leggende ad esse legati. Ovviamente, questa scelta di ambientazione si riflette anche sul piano musicale: già nel 1995 Tom Russell aveva esplorato le atmosfere tex-mex con l'album "The Rose Of The San Joaquin", una collezione di suggestive ballate acustiche, che però manca di quella vividità, di quella potente carica emotiva che invece sprigionano le sonorità più elettriche di "Borderland".
Considerabile a pieno titolo uno dei tre dischi fondamentali di Tom Russell insieme a "Poor Man's Dream" del 1990 e appunto "The Man From God Knows Where", questo album ha una forza visiva e comunicativa impressionante anche per gli altissimi standard dal Nostro, impreziosito da perle come la maestosa ballata acustica "A Touch Of Evil", in cui spicca l'esemplare uso di fiati mariachi a sottolineare l'atmosfera di una canzone che rende omaggio all'omonimo film del 1958 con Orson Welles e Marlene Dietrich, ambientato nella medesima borderland in cui si avventura Tom Russell, la più bella e la prima di una serie di ballate intense ed emotive, cariche di storie e di passioni, che costituiscono la spina dorsale dell'album: "Down The Rio Grande", essenziale, amara e rarefatta, la dolcezza struggente di "Where The Dream Begins", scontro di sogni e disillusioni e la malinconica "California Snow", interpretate da una voce che con il passare degli anni è invecchiata come il buon whiskey, diventando sempre più profonda, più vibrante ed affascinante, che calza a pennello con questo tipo di canzoni, offrendo sempre interpretazioni di rara bellezza.
Tra le numerose ballate di "Borderland", la più caratteristica ed evocativa ed insieme la più triste e struggente è "The Santa Fe At Midnight", a mio parere una delle vette più alte del repertorio di Tom Russell: una vera e propria poesia, in cui il passaggio di un treno a mezzanotte diventa l'occasione per celebrare la bellezza, il fascino arcano di quello che è anche uno stato d'animo prima ancora che un luogo geografico, contorniata da una melodia acustica e sussurrata, notturna, che sfocia in un ritornello epico, che si staglia maestoso come la sagoma di un lupo che ulula alla luna. Tuttavia, "Borderland" non è solo emozione, contemplazione e struggimento ma anche energia, trasporto e caldi, evocativi scenari western, in particolare l'incalzante "The Hills Of Old Juarez", una tipica storia d'amore e contrabbando di droga, e anche le brillantissime, divertenti "When Sinatra Played Juarez" e "The Next Thing Smokin", in cui oltre alle sonorità tex-mex interpretate con il consueto trasporto e credibilità, spicca anche l'ottima prova di Andrew Hardin, chitarrista storico della Tom Russell Band, grande protagonista anche negli episodi più strettamente rock, la bella "Let It Go" e "The Road It Gives And The Road It Takes Away", chiusura trascinante e liberatoria, che ricreano perfettamente l'energia e il sound degli album con la Band, e in una delle canzoni più particolari dell'album, "What Work Is", quasi interamente recitata dalla voce profonda ed espressiva di un Russell nelle vesti di scrittore/poeta cantastorie, basata su esperienze di lavoro, di vita e di amori tormentati, una tensione emotiva che si scarica in un ritornello potente, intenso e catartico, e poi nell'unico, breve ma vibrante assolo di chitarra dell'album.
Dopo una vita avventurosa, da giramondo senza terra ferma, Tom Russell ha trovato nella città di El Paso non solo una fonte di ispirazione ma anche un posto dove stabilirsi definitivamente, una patria adottiva, e questo lo si percepisce chiaramente nell'ispirazione, nel coinvolgimento di cui è intriso "Borderland", un album assolutamente perfetto, che riesce a suonare vario e a tratti sorprendente nonostante un preciso contesto ambientale che per molti altri sarebbe potuto essere limitante; voce stupenda, assoluta mancanza di cali di tensione e riempitivi, da cui, ahimè, non saranno immuni i dischi successivi, canzoni stupende, tutte, tra cui spiccano "A Touch Of Evil", "The Santa Fe At Midnight", "The Hills Of Old Juarez", "What Work Is" e "The Road It Gives And The Road It Takes Away" valgono cinque stelle piene.
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