Per chi si avvicina anche superficialmente alla musica di Tom Russell, la prima cosa che colpisce di questo artista è la sua riconoscibilissima vocazione di cantastorie: nel corso della sua lunga carriera questo straordinario personaggio ha usato come materia prima per plasmare le sue canzoni storie, persone, avvenimenti di ogni genere legati a quell'immenso, affascinante e contraddittorio paese chiamato per antonomasia America, sia nel periodo con la Tom Russell Band, dal 1984 fino a metà anni '90 che in quello più strettamente cantautorale del nuovo millennio. Tra queste due grandi fasi si staglia il fulcro, l'apice assoluto, l'opera più monumentale, ambiziosa e rischiosa di questo artista, un progetto che solo Tom Russell, con il suo talento e la sua vocazione sarebbe stato capace di portare a termine.
Dietro questa copertina evocativa e anche un po' inquietante si nasconde un concept album: ventisei tracce per più di settanta minuti di musica; a dire la verità, "The Man From God Knows Where" è anche più di un concept album, è un'opera collettiva, corale: infatti Tom Russell divide il proscenio con altre voci: Iris DeMent, Dolores Keane, Karl Bremnes, Sondre Bratland Dave Van Ronk, ognuno impersona un personaggio diverso in questo film sonoro che racconta la storia dell'America attraverso le storie dei suoi primi abitanti, in particolare immigrati irlandesi e norvegesi, a cui è legato a doppio filo un percorso personale ed introspettivo, di riscoperta di sè stesso attraverso le proprie origini. "The Man From God Knows Where" è il tema portante di questo ciclo di racconti, che viene ripreso per ben quattro volte nel corso dell'album: un balla acustica tesa e polverosa, in cui riemergono di volta in volta antichi fantasmi dimenticati, poi ci sono i ritratti dei pionieri, "America's primitive men in America's primitive land", "Patrick Russell", in cui il cantautore dà voce ad un suo antenato, ballata sobria, forte ed orgogliosa, tra il ricordo delle carestie irlandesi e la speranza di un futuro migliore, l'emigrazione come unica via di salvezza, e poi le difficoltà di una nuova vita in una terra sconosciuta e ostile, che assume contorni drammatici nel cadenzato, dolente walzer di "Ambrose Larsen". "Marie Clare Malloy" è una stupenda danza accompagnata da fiddles irlandesi, epica e trascinante, "Anna Olsen" una ballad acustica dolcissima e malinconica; c'è poi un altro personaggio, "The Outcaste", interpretato da Dave Van Ronk, che non partecipa alle vicende descritte nell'album, ma si limita a declamare uno sgangherato ed ubriaco ragtime da musicista di strada, da distaccato, cinico e caustico osservatore.
Le storie di questi uomini e donne si dipanano, si intrecciano tra riflessioni, sogni e disillusione, dando vita a canzoni come la nostalgica e malinconica "The Old Northern Shore", uno degli apici emotivi dell'album, folk dolce e carezzevole accompagnato da strumenti tipici come fiddles e cornamuse, la leggiadra, incantevole "When Irish Girls Grow Up" , "Anna Olsen's Letter Home", in cui vengono rievocati il genocidio dei nativi e la febbre dell'oro e "Throwin' Horseshoes To The Moon", un dolente e sgangherato ricordo di un incallito giocatore d'azzardo, che altri non è che il padre di Tom Russell medesimo. Completano il contesto ambientale ed emotivo di questo album canzoni che mettono in luce particolari aspetti di quest'America primordiale narrata da Tom Russell, un non-luogo in cui vengono messi in risalto gli sconfitti, le miserie piuttosto che gli splendori, come ad esempio "The Dreamin'", un'intensa e sognante elegia dedicata al whiskey, l'ingenuità agreste di "Acres Of Corn", la ballata più strettamente country e rassicurante del disco, interpretata da un'ottima Iris DeMent, il triste western di "Sitting Bull In Venice", in cui l'incalzante linea di basso e le chitarre roventi cozzano contro il cantato apatico di Russell e la commovente "Rider On An Orphan Train", dove vengono rievocate le storie di tanti orfani spediti arbitrariamente in famiglie sconosciute nel far west americano. "The Man From God Knows Where" si chiude regalando finalmente un po' di serenità con "Love Abides", ballad dolce e consolatoria, in cui è contenuto quello che è il messaggio di tutto l'album, "Hey, look how far we've come, do we know who we are? Stranded on a mountain top, trying to catch a falling star, here's to what we've left behind us, here's to what we keep inside".
Per Tom Russell realizzare "The Man From God Knows Where" è stato il sogno e l'obbiettivo di una vita: ci sono voluti ben otto anni per concepire l'album nella sua interezza, due anni di lavoro in studio, e alla fine il risultato è questo: un kolossal umile, che racconta storie, vite, speranze, sogni e sofferenze di gente umile, ma che al tempo stesso riesce a suonare come un qualcosa di grande, maestoso ed epico, nel suo alternarsi di meravigliose, melodicamente geniali ballate acustiche e sublimi incursioni nel folk della vecchia Europa. Come un consumato regista e sceneggiatore, Tom Russell ha saputo collocare le persone giuste nei ruoli giusti, dando vita a qualcosa che può essere considerato come una pietra miliare inimitabile, la massima espressione di genio, ispirazione e creatività di un artista immenso, un capolavoro per la musica tutta.
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