Come prima, più di prima.
Dietro a questo slogan imbecille si nasconde l'essenza del secondo lavoro in studio di Thomas Miller, in arte Tom Verlaine, datato 1981: non cambia una virgola, ma il risultato in sè appare migliore del disco precedente (anche se di poco). Verlaine crede infatti nella propria firma, nel sound che lo ha fin qui caratterizzato e mostra riluttanza nel modificarlo per renderlo più commercialmente apprezzabile, decisione che nel prossimo futuro creerà una certa ridondanza nella sua produzione ma che all'epoca, ai bagliori del decennio di plastica colorata e dell'ottimismo convinto, faceva sicuramente piacere ai post-punk che uscivano dai negozi di dischi scartando questo "Dreamtime" nella speranza di trovarvi conforto.
L'attaccamento di Verlaine al proprio stile è anche, e soprattutto, dimostrato dal fatto che si era giocato gran parte del materiale scritto e mai pubblicato per i Television nell'album d'esordio, quindi in questo secondo lavoro era di fatto obbligato a scrivere nuovi pezzi, e così è stato: ad eccezione di "Without a Word", che viene ricostruita sulle ceneri di quella "Hard On Love" suonata dal suo ex gruppo durante i live, le canzoni presentate qui sono di nuova composizione ma potrebbero benissimo esser state eseguite 5 anni prima nei vari club di New York senza che nessuno si accorgesse della differenza. "There's A Reason" e "Down On The Farm" sono due esempi evidenti, forti e chiari del ritono del gelido menestrello metropolitano che diventa sempre più assuefatto al suono acido e contemporaneamente squillante della propria chitarra, "Penetration" è strutturalmente figlia di quella che fu "Elevation" al di là dell'evidente rima nei titoli e "Mary Marie" esprime il malessere dell'artista, sempre ben presente, in un modo che può apparire pacato, accompagnato da basso e batteria, ma ogni qual volta ne ha la possibilità lo urla quasi piangendo. Le composizioni di Tom Verlaine, di qualsiasi argomento trattino, sono sempre e comunque rivestite del lamento straziante derivato dalla fredda modernità e paiono studiate al millimetro per intrecciare fra di loro le parti in modo che il risultato trasmetta tutto quello che la sua mente subisce. "Always" suona quasi romantica nella sua trama pur restando ferma l'impostazione musicale alla base e quando Verlaine si lascia andare si capisce cos'è che più manca al suo mondo per potersi allontanare dal buio ("darling, mysteries come and go but love remains the best kept secret in town"); la palma del migliore in campo però spetta a "Fragile", numero 7, durante la quale la voce si fa distante fino a diventare di secondo piano rispetto ai riff ed assoli chitarristici che riempiono i timpani e li martellano; è qui la musica di Verlaine, tutta qui, e poco importa per ora se tende un po' a ripetersi ("Mr. Blur" ricorda molto da vicino "Foxhole").
Fin dalla copertina, in cui fa bella mostra del suo naso in fuorigioco, il signor Miller ci rende partecipi del grigiore in cui è immerso e riempie i versi con la sua poetica radicata nel cemento; se il primo disco del 1979 faceva capire che i Television erano una creatura tutta sua questo secondo lavoro dà conferma che l'artista è vivo, vegeto e devastato.
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