Uscito in contemporanea con Blood Money, nel 2002 Tom Waits dà alle stampe un disco molto singolare, quasi un unicum nella sua carriera. Se infatti Blood Money è a tutti gli effetti un disco di inediti, Alice raccoglie in gran parte brani già eseguiti in pubblico e composti per l’omonima pièce teatrale nel 1992, peraltro distanti anni luce dalle sperimentazioni selvagge di Bone Machine che uscì di lì a poco. Insomma, per i più maliziosi i presupposti sembravano suggerire un disco non dei più ispirati: eppure anche qui Tom Waits riesce a tirare fuori un gioiello assolutamente degno del proprio catalogo.
Alice è un disco per così dire “di genere”, in quanto abbastanza omogeneo a livello di colori e atmosfere (non a caso i fan del Waits anni ’70 disconoscono i dischi successivi facendo però un’eccezione per quest’ultimo). Ritorano infatti molti elementi tipici del primo Waits come la forte malinconia di fondo che permea l’intero disco, i frequenti flirt con sonorità jazzistiche, i valzer asimmetrici e allucinati; il tutto però ricompare sotto una nuova luce e con nuovi connotati, primo fra i quali una prestazione vocale che è senz’altro tra le migliori e tra le più ispirate dei suoi ultimi dieci dischi. Il resto lo fanno i musicisti sempre superbi (da segnalare l’apparizione dell’ex-Police Stewart Copeland in Table Top Joe) e una grande dose di mestiere che riesce a illuminare anche i brani meno riusciti.
Più che in ogni altro disco da Swordfishtrombones in poi, Tom Waits qui si concede il lusso di guardarsi indietro, di mettere un po’ a riposo il suo demone visionario, sperimentale e avanguardista per ridare spazio alla malinconia e alle ballate di un tempo, questa volta praticamente per un disco intero.
Alice è senz’altro il pezzo forte del disco e che spicca per intensità e pathos (per chi non la conoscesse da recuperare assolutamente la versione bootleg di qualche anno prima, a mio parere ancora più incisiva), ma la vera perla nascosta a mio parere è un’altra: I’m still here, brevissimo bozzetto che in meno di due minuti dice tutto quello che c’è da dire con una delicatezza e un garbo commoventi. Disco da recuperare assolutamente.
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