Questo cd l'ho RUBATO! Me lo feci prestare per un losco secondo fine (doverlo poi restituire...), ma mi piacque così tanto che rinunciai al secondo fine e me lo tenni. Potevo chiaramente comprarmene un'altra copia, ma non era questione di soldi... tra me e QUELLA copia era nato qualcosa. Notai che, pur vecchia di anni (custodia graffiatissima e inpolveratissima, grafica anni '80), era stata ascoltata al massimo un paio di volte (dentini di plastica reggi-disco molto duri). Chissà, forse quella persona la ricevette in regalo, senza che però fossero indovinati i suoi (limitati) gusti. A quel punto mi sentii responsabile per Tom, e lo presi con me. Povero, non potevo permettere che tornasse nelle mani sbagliate; qualcuno che non lo voleva, che non lo capiva e non voleva cercare di capirlo, e lo avrebbe riposto a languire in un angolo solitario dello scaffale! E poi mi dicevo che in fin dei conti non era un gran torto, visto che nessuno avrebbe sentito la sua mancanza ;).

Per la verità non ero (e non sono) un grande esperto ed estimatore di Tom Waits, ma conoscevo "Small Change"? (di cui apprezzavo la metà dei brani) e "Blue Valentines" (che apprezzavo per due terzi). Gradivo molto il suo estro, il suo modo formidabile di usare la voce in modi così diversi, fuori dagli schemi, ma al tempo stesso il suo talento compositivo mi sembrava discontinuo, sempre sull'orlo di passare dal geniale al banale nell'arco di un solo brano. Insomma non avevo enormi aspettative la prima volta che ho ascoltato Swordfishtrombones, anche se il titolo stravagante e la copertina mi incuriosivano... fatto sta che fin dai primi secondi di musica ho cominciato a muovere testa e piedi, e un mezzo sorriso a metà tra il compiaciuto e il beffardo si è stampato sulla mia faccia!

"Underground", il pezzo d'apertura, può riuscire nella difficile impresa di farvi ridere dentro; due minuti che sembrano una nenia infantile, tutta giocata su un ritmo semplicissimo e accentato, in cui corno baritono e batteria suonano solo i quarti, e ogni sillaba è scandita e urlata quasi con un growl da Tom... tutto questo mentre la chitarra elettrica suona notine grottesche e sardoniche che creano un contrasto demenziale con il gusto di farlo! Si peggiora (per modo di dire) con "Shore Leave", che parte in maniera un po' scura e sporca, per poi trasfigurarsi in una specie di serenata e proseguire alla grande con un Tom in pieno biascicamento alcolico parossistico (sciòòòòrrrrrrrelìììììvvvvve, sssshhssciaoòòòrrrlllliiììvvv :D). In sottofondo una marimba, una serie di rumori metallici e uno splendido banjo-chitarra che contribuiscono a rendere il tutto perfettamente credibile e musicale, anche nella sua diabolica ironia. Dopo un breve pezzo strumentale che vede Tom prodursi in un improbabile psicogramma all'Hammond, e dopo una delle sue tipiche cornicette sentimentali, arriva "16 Shells From a 30.6", molto orecchiabile e travolgente come poche grazie ai riff della chitarra ma soprattutto a causa di un lavoro di batteria e percussioni veramente ingegnoso nella sua semplicità (certo che Waits è un po' fissato con pistole, doppiette, bullets e shells, non vi pare?).

L'album continua tra cornamuse, tromboni, fisarmoniche, blues e tante altre trovate, dando libera espressione ai mille volti di questo artista poliedrico. Molto bella la title-track, in cui basso elettrico e acustico si mescolano alla marimba e alle percussioni in un bricolage sonoro davvero fantasioso. Strepitosa "Down Down Down", che parte in velocità e mostra in tutto il suo splendore il gran virtuosismo ritmico del cantante. Delicata e sentita "Soldier's Things"; la solita ironia goliardica stavolta lascia spazio a un momento di intenso lirismo, come pure accade nel brano conclusivo, "Rainbirds", un meraviglioso pezzo strumentale, in cui Tom si siede al piano accompagnato dal basso e suona talmente bene da sembrare quasi Bill Evans!

In conclusione, un album molto maturo dal punto di vista compositivo, ricco di colore e timbri diversi, arrangiato benissimo e con strumentisti d'eccezione (tra i quali il grande Victor Feldman, pianista di Miles Davis in "Seven Steps To Heaven" nel lontano '63 e compositore del brano omonimo e di "Joshua", ormai classici del jazz. In Swordfishtrombones però si occupa principalmente di marimbe e percussioni varie, di cui molte inusuali ed esotiche). Insomma, se questo cd pazzesco e geniale vi capita tra le mani... RUBATELO!!!

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