A questo punto non potevo che scrivere su Tom Waits.
Volevo recensire Rain Dogs o Real Gone ma è già stato fatto egregiamente.

Molto è stato già detto e scritto anche su questo artista poliedrico e unico nel suo genere.
Già, ma qual è il suo "genere"? Gli hanno dato del cantautore post-moderno, ultimo dei poeti beat, compositore di musica da camera, "uno dei piu' grandi e distintivi geni musicali del ventesimo secolo" (Scaruffa c'ha preso stavolta). Una cosa è sicura: Tomuéits è nato, cresciuto e morirà fuori moda.
Ha cominciato a fare musica alla fine dei '60 e non ha avuto nulla a che fare con il movimento hippy, né con l'acid rock, né con i cantautori politicamente impegnati, né con il rock bohemien dei Velvet Underground e degli Stooges. Ed è uno dei pochi musicisti sfuggiti alla follia collettiva degli anni '80.

La sua valigia musicale è enorme, chiusa a malapena con lo spago. Se la apri salteranno fuori le cose più disparate tra cui Blues, controcultura Underground, Jazz, una batteria (in senso percussionistico) di pentole, basi Rap, Captain Beefheart, Ragtime da saloon, Jack Kerouac, avanspettacolo, atmosfere Dark, Miles Davis, miglia e miglia di pellicola cinematografica, avanguardia Post-Rock, una battona nera (perché "di colore"? loro mi chiamano "bianco" e io li chiamo "neri"), Frank Sinatra, Lenny Bruce, un cappello di feltro, e una banda di paese. Sì, tutta quanta.
La sua voce è "una ford mercury del '56 con il tubo di scappamento rotto, il silenziatore saltato guadando un fiumiciattolo chissaddòve" (P. Humphries). Oppure, secondo la definizione più gradita da Waits, "Louis Armstrong ed Ethel Merman che si incontrano all'inferno"...

Tomuèits suona per sè stesso, per il puro e semplice gusto di fare musica. Nient'altro. Si sente a pelle. E' qualcosa di intimo, di subliminale. Giudicare un disco come questo è una pretesa, una perdita di tempo. E' come andare da uno che ha appena fatto sesso con la sua donna e dirgli qualcosa tipo: "Guarda, nel complesso mi sei piaciuto, ci hai messo grinta. Certo potevi dura' un po' di più..."
Ma che cazzo vuoi?
"Sai, la tua scopata è di genere 'nu-horny', 'post-animalesco'..."
SOCK! Cazzottone. Addio zigomo.

Anche la faccenda dei generi musicali lascia il tempo che trova. Può essere utile certo, ma che senso ha criticare un musicista perché è fuori dagli schemi stilistici di questo o quel genere?
La critica, l'analisi esasperata, può farti odiare un musicista come la professoressa di lettere ti faceva odiare Dante.
"Se i musicisti pubblicano i loro lavori dovrebbero aspettarsi di essere giudicati". Ma se certi musicisti non incidessero dischi come diavolo farebbero a campare, a mantenere una famiglia?
A mio parere chiunque abbia lasciato cantare o suonare il proprio Inconscio (ascoltate Shore Leave) merita di essere ascoltato in silenzio, e non stroncato da un grigio e saccente "critico" masturbatore di cervelli che a quarant'anni non ha ancora assaggiato un boccone di vita.

Questa non è una recensione, è un tributo ad un'opera difficile e geniale. Una delle migliori sequenze di suoni partorita dalla mente di Tomuéits (neanche "Mule Variations" è male, niente affatto. E neanche "Heartattack And Vine". Neanche "Frank's Wild Years". Ora che ci penso anche "Small Change" merita..)
Ma pezzi come la title-track o Gin Soaked Boy si commentano da soli. Li ascolto in macchina quando torno a casa la notte, con Roma che scorre fuori dal finestrino e l'alcol (non preoccuparti mamma, vado piano..) che mi accarezza la testa.
E la pulsante e potente 16 Shells..?
Johnsburg, Illinois. La città natale di sua moglie. Non oso e non ho nessun interesse ad analizzare un brano del genere. E' poesia, non devi (non puoi) fare altro che ascoltarla.

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