Parlare di un disco che annovera nelle sue file un super uomo ingellato di nome Mike Patton non è mai cosa semplice, specie quando si ha a che fare con le sue mille sperimentazioni vocali e sonore che ormai tutti ben conoscono. Ma cosa succede quando prova a sfornare qualcosa che pare avere una concezione estremamente normale e semplice? Beh, succede che viene fuori l'ennesimo capolavoro. Eh si, perchè questo Mit Gas è il degno successore dell'omonimo uscito nel 2001, è il disco che crea il collante, che raddrizza il tiro dando così una visione più completa di quanto vogliono farci sentire i quattro che a mio parere nel primo lavoro ancora non era chiaro, e permettetemelo non era chiaro ma era senza dubbio qualcosa di straordinario, qualcosa che era già perfetto anche se mancava quella briciola che è arrivata con Mit Gas. Quindi si rimane lì estasiati, a bocca aperta a sentire il genio delle voci (e vocine affine) cantare su una base musicale estremamente alternative che però con la sua voce e i suoi effetti si eleva fino a diventare perfezione, il disco che metti appena sceso dal letto e che ascolti fino a quando ci rientri, perchè non ti stanca, non ti sa di già sentito, non ti butta lì continue idee geniali, ma che alla lunga non ti danno un filo conduttore, ti sa di Patton questo è chiaro, un Patton però che sembra esser disposto a sacrificare un po' della sua inventiva per lasciare il posto anche agli altri tre componenti, quel Kevin Rutmanis che tanto amo, con quel suo stile mentre suona di ondeggiare quasi come se stesse facendo sesso con il suo basso per non parlare di Stanier e quei suoi riff infami, bastardi che ti prendono e non si staccano e poi l'essenziale Duane Denison che sa sempre dove colpire senza scadere in parti inutili.
Vogliamo parlare delle singole canzoni ora? Mah, mi sa che non ha senso perchè io i dischi di Patton li vedo come opere nel loro insieme indecifrabile, quelle opere che quando arrivano alla fine dici: "Ma io quando cazzo lo risento un disco così?". Solo quando Mike si decide a buttarne fuori un altro da quel suo cervello schizzato.
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