Fin quando me lo dicono in ufficio, che avrei dovuto fare il comico, mi fa anche piacere. È quando me lo dicono a fine concerto che mi spiazzano. Mi ricordano quando frequentavo la scuola materna:

vivevo momentaneamente dai miei nonni, e ogni santo giorno al ritorno, esigevo che mio nonno venisse a prendermi con un supertele. Perché nella passeggiata verso casa ogni cestino della spazzatura era mio, volevo centrarlo al primo colpo. In cinque mesi forse ho fatto un canestro, ma non ricordo se è successo o se è solo un sogno ricorrente impresso nel cervello. Sta di fatto che ogni tentativo era accompagnato dalla voce di mio nonno: non ti piace il Basket, ma il Calcio. Usa i piedi.

Per fortuna qualche certezza l'ho fatta mia. Posso rimanere insoddisfatto da qui a quando chiudo gli occhi, l'amore può andare e venire, posso andare a comprare il pane alle olive ed essere investito sulle strisce, ma da quando sono nato niente mi è stato più fedele del cinema, e non è stato il tempo a deciderlo. Nemmeno qualcun altro. È una diretta conseguenza della mia difficoltà di trovare le cose da dire ed il giusto modo, è il proseguimento della mia mente nella spiegazione e nella comprensione. Io non trovo le parole, ed esso lo fa per me attraverso le immagini. Il mio cervello discute col cinema e da discutere ce n'è a valanghe. Penso al povero cristo che nascerà nel 2060 e magari morirà avendo visto un millesimo delle migliori produzioni dall'inizio del cinema all'anno della sua morte. Pure impegnandosi, povero. Pace all'anima sua. E poi io dovrei perdere tempo con le serie. Per carità c'è una farcitura di ottime produzioni ultimamente, ma non giochiamo, il fine non è propriamente lo stesso.

È direttamente il cinema a chiedermi Lasciami entrare, ed io a consegnargli piena fiducia, ad averlo in testa ascoltando i frammenti dei discorsi delle persone, a percepirlo mentre accompagna la realtà e l'utopia, qualche volta i sogni, qualche volta gli incubi, tutto nella mia testa. Con la stessa completezza, il film di Alfredson (svedese, tratto dal romanzo, cinque o sei anni fa, e tutto quello che già si sa) racconta una storia d'amore sicuramente atipica, che annulla gli standard di contestaulizzazione sociale cui cinema e letteratura (qui mi riparo con lo scudo) ci hanno abituati, scegliendo un abito che gli farà fare una porca figura anche tra cent'anni. Sicuramente la scena in piscina l'avrò impressa per sempre più della copertina di nevermind o del canestro che forse non ho mai fatto.

In questo caso non c'è nessun intento di servizio all'utente (mai richiesto), sicuramente vi sarà già capitato sotto le mani e saranno in pochissimi ad aver rimandato l'appuntamento, e meno male, è giusto così. Semplice dichiarazione d'amore. E pace anche all'anima mia, ogni tanto.

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