Per scrivere tale recensione mi sono avvalso di parecchi ascolti, senza lasciare nulla al caso, facendo scivolare ogni nota di questo splendido lavoro dentro me, senza tralasciare nemmeno la più piccola atmosfera, per capire, per comprendere sin'in fondo l'anima di questo "Path of totality".
Manco il tempo di premere il tasto play che un'onda di suono ribollente ma freddo nell'animo si avvinghia sui nostri poveri padiglioni auricolari; è "Black hole of summer" (che titolo poi), con quelle tastiere lisergiche, quei tempi sludge, metal nel profondo e quella voce cavernosa da apocalisse imminente, quasi disperata.
I Tombs da Brooklyn, dopo l'esordio di belle vedute di qualche anno fa "winter hours", fanno nuovamente centro: spostano ancora oltre quel miscuglio di hardcore vecchia scuola, black metal, sludge e psichedelica che li aveva portati a farsi affibbiare aggettivi più che lusinghieri con il succitato esordio; aumentando la dose adrenalinica di black scandinavo, inspessendo ancor più le strutture con una visceralità e una sofferenza inaudita (avvicinandosi a lavori come il bellissimo "the trident" dei fenomenali Unearthly Trance), calcando la mano su groove mai come prima d'ora portanti, distruttivi, quasi metal-core (la migliore scuola ovviamente). Si respira un senso di sconfitta interiore, di apocalittico mal di vivere, di autolesionevole pessimismo cosmico, quasi fosse un'opera filosofica, tanto è esplicativa nelle sue spirali discensionali, nelle sue lande malevole che risucchiano l'anima dal profondo; si va dalla sludgy e succitata opener, alla furia black, con un sentore psichedelico in bella mostra (che sarà collante di tutto il lavoro), delle splendide "to cross the land" e della title track, al doom prog dell'annichilente "silent world", alla virulenta scossa tellurica di "red shadows", per chiudere in bellezza con una "angel of destruction" decisamente lisergica nel suo incedere, dove gioca un ruolo fondamentale il doom catatonico di candlemass, ma anche Electric Wizard e gli ultimi Ramesses e compagnia, unito allo sludge di scuola americana, figlio dei migliori Eyehategod, Iron monkey, e via dicendo.
Ne esce un lavoro ultra compatto dove furia black metal, distruzione sludge core, collidono con paesaggi ultra psichedelici e prog nelle viscere, in una maniera forse mai così perfetta prima d'ora; un lavoro monumentale, lungo, difficile, stordente, manco un macigno, come detto annichilente, colonna sonora perfetta di un qualche horror-splatter-gore di un Lucio Fulci, o di un Mario Bava. Tra neurosis, electric wizard, wolves in the throne room, eyehategod, celtic frost e darkthrone qualcosa adesso c'è, che sta in mezzo a tutti questi nomi citati, ne prende il meglio del peggio, lo trasla in un contesto sub-urbano e ultra psichedelico dannatamente affascinante, per sputarlo fuori con una furia inaudita e un veleno che vi farà contorcere lo spirito dal dolore psicho-fisico.
Decisamente sopra la media, io continuo a seguirli, e vi consiglio di fare lo stesso!
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