"Non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me e così presente nel mondo nello stesso momento."
(Albert Camus)
Alienazione nell'urbanesimo delle ipocrisie e delle paure. Incapacità di relazionarsi a causa dei nuovi "canoni" che hanno ormai incanalato l'estetica a supremo livello di definizione della natura umana. "L'olocausto del marketing" che lavora per "annientarci il cervello", in un'opera continua che genera pregiudizi, esclusione sociale, emarginazione. Sono questi i temi che a grandi linee Tony Kaye decide di porre al centro del suo "Detachment" (2011), apparso a più di dieci anni di distanza da "American History X", lungometraggio di debutto di Kaye. Nel mezzo il documentario "Lake Of Fire" (2006) e "Black Water Transit", ancora inedito in Italia.
Kaye si addentra in questo meandro di temi portando sullo schermo la parabola di diversi personaggi, tutti in quache modo legati al supplente Henry (un ottimo Adrien Brody): il suo essere supplente non gli permette di stabilire un rapporto duraturo con gli alunni, ma è un percorso di transito, un piccolo passo nella vita di quei ragazzi. Per Kaye la società odierna è profondamente malata, minata alla base delle certezze fondamentali. La figura della giovanissima prostituta Erica (Sami Gayle) è la rappresentazione di tutto ciò: irrompe nella vita di Henry come la "solita" figura del "nemico esterno" statunitense, ma questa volta non viene combattuta, bensì accettata e compresa nelle sue difficoltà. Ma quello di Kaye è soprattutto un film politico/culturale: tornare a pensare, "preservare la nostra mente" dall'illogicità del mondo attuale. La figura del professor Henry è il veicolo attraverso il quale il regista esplicita questo concetto. Egli cercherà di trasmettere questi "messaggi" ai suoi alunni, quelli di una scuola frequentata dagli sbandati schizzoidi della provincia americana. Parallelamente a questo generale filone tematico, il film di Kaye si divide in varie sottotrame, tra cui il passato di Henry. I fantasmi di ciò che fu e che mai potrà essere cancellato: i ricordi della madre scomparsa resi attraverso suggestivi flashback dal sapore vagamente onirico e simil Lynch. Da segnalare, sempre sotto l'aspetto visivo e "fotografico", la presenza di animazioni su lavagna, che si compenetrano nel tessuto del film.
Non penso che "Detachment" sia una pellicola che vale realmente le 4 stelle. Anche perchè l'opera di Kaye ha i suoi difetti. Non funziona l'improvvisa piega che subisce il rapporto Henry/Erica, che appare come un difetto di sceneggiatura. Non convince il fatto che il film indugi su un pessimismo cosmico e che le sole figure toccate da ciò siano gli insegnanti, come se Kaye avesse paura di inglobare anche altro nel suo discorso filmico. Detto questo, ci tengo a precisare che il mio voto è ritoccato al rialzo per una semplice (e personalissima) visione del cinema: oltre a mezzo puramente estetico e visivo, penso che il cinema debba anche saper trasmettere emozioni. Nel suo piccolo, "Detachment" ci riesce con violenza e delicatezza.
(Albert Camus)
Alienazione nell'urbanesimo delle ipocrisie e delle paure. Incapacità di relazionarsi a causa dei nuovi "canoni" che hanno ormai incanalato l'estetica a supremo livello di definizione della natura umana. "L'olocausto del marketing" che lavora per "annientarci il cervello", in un'opera continua che genera pregiudizi, esclusione sociale, emarginazione. Sono questi i temi che a grandi linee Tony Kaye decide di porre al centro del suo "Detachment" (2011), apparso a più di dieci anni di distanza da "American History X", lungometraggio di debutto di Kaye. Nel mezzo il documentario "Lake Of Fire" (2006) e "Black Water Transit", ancora inedito in Italia.
Kaye si addentra in questo meandro di temi portando sullo schermo la parabola di diversi personaggi, tutti in quache modo legati al supplente Henry (un ottimo Adrien Brody): il suo essere supplente non gli permette di stabilire un rapporto duraturo con gli alunni, ma è un percorso di transito, un piccolo passo nella vita di quei ragazzi. Per Kaye la società odierna è profondamente malata, minata alla base delle certezze fondamentali. La figura della giovanissima prostituta Erica (Sami Gayle) è la rappresentazione di tutto ciò: irrompe nella vita di Henry come la "solita" figura del "nemico esterno" statunitense, ma questa volta non viene combattuta, bensì accettata e compresa nelle sue difficoltà. Ma quello di Kaye è soprattutto un film politico/culturale: tornare a pensare, "preservare la nostra mente" dall'illogicità del mondo attuale. La figura del professor Henry è il veicolo attraverso il quale il regista esplicita questo concetto. Egli cercherà di trasmettere questi "messaggi" ai suoi alunni, quelli di una scuola frequentata dagli sbandati schizzoidi della provincia americana. Parallelamente a questo generale filone tematico, il film di Kaye si divide in varie sottotrame, tra cui il passato di Henry. I fantasmi di ciò che fu e che mai potrà essere cancellato: i ricordi della madre scomparsa resi attraverso suggestivi flashback dal sapore vagamente onirico e simil Lynch. Da segnalare, sempre sotto l'aspetto visivo e "fotografico", la presenza di animazioni su lavagna, che si compenetrano nel tessuto del film.
Non penso che "Detachment" sia una pellicola che vale realmente le 4 stelle. Anche perchè l'opera di Kaye ha i suoi difetti. Non funziona l'improvvisa piega che subisce il rapporto Henry/Erica, che appare come un difetto di sceneggiatura. Non convince il fatto che il film indugi su un pessimismo cosmico e che le sole figure toccate da ciò siano gli insegnanti, come se Kaye avesse paura di inglobare anche altro nel suo discorso filmico. Detto questo, ci tengo a precisare che il mio voto è ritoccato al rialzo per una semplice (e personalissima) visione del cinema: oltre a mezzo puramente estetico e visivo, penso che il cinema debba anche saper trasmettere emozioni. Nel suo piccolo, "Detachment" ci riesce con violenza e delicatezza.
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