A volte ho come l'impressione che Tony Wakeford agisca come quei loschi imprenditori che aprono e chiudono aziende solo per raccattare fondi o compiere raggiri ed affari poco puliti.
Cambia quindi la ragione sociale, ma non la sostanza: "La Croix", uscito nel 1993, è il primo album solista di Tony Wakeford, ma oggi come ad allora siamo a chiederci quale sia stata la ragione oscura per cui questo album non sia uscito a nome Sol Invictus.
Anche perché da sempre Wakeford ha il controllo totale del suo progetto, in cui può fare e disfare a suo piacimento, mentre in questo lavoro non si rinvengono quegli elementi di diversificazione stilistica che avrebbero giustificato il cambio di nome sulla copertina.
Come avrete intuito, "La Croix" differisce di ben poco da un qualsiasi altro lavoro del Sole Invitto, se non per la presenza di lunghi brani strumentali che vanno ad anticipare le ambizioni sinfoniche de L'Orchestre Noir, progetto che avrà modo di concretizzarsi nella seconda metà degli anni novanta.
Registrato in Francia con l'ausilio di strumentisti francesi, "La Croix" si fregia così del suono di un pianoforte, di due violini, di una viola, di un violoncello, di un contrabbasso, di un corno, di un flauto ed anche di un'ugola femminile; ma in mezzo c'è lui, sir Wakeford, c'è la sua voce, la sua chitarra, c'è la sua imperturbabile visione artistica che difficilmente potremmo immaginarci diversa. Potremmo rimproverare molte cose a Wakeford, ma non che manchi di coerenza, e "La Croix" non fa eccezione: è il folk apocalittico, bellezza!
Come succede nella maggior parte degli album dei Sol Invictus, anche "La Croix" rispetta lo schema circolare, dove alla title-track, prima in versione strumentale, poi cantata, spetta il compito di aprire e chiudere l'opera (anche se a spezzare lo schema c'è nei fatti una ghost-song, ottima fra l'altro, dove Wakeford duetta con Nathalie Mathoulin, prima che il tema della title-track riprenda vita nuovamente).
Beninteso, "La Croix" è un buon album, elegante, raffinato, concettualmente compatto come poche altre volte i Sol invictus hanno saputo essere. E possiamo aggiungere che fra i sette brani qui presenti campeggiano due pezzi che a merito possono essere collocati fra i grandi classici dell'intera produzione di Wakeford: "The Fool" e "Come the Horsemen", due ballatoni apocalittici con i cosiddetti contro-cazzi, che non a caso verranno riproposte dal vivo ben mimetizzate nel repertorio ufficiale della band madre.
Questi sono anche i due brani più tipicamente Sol Invictus, e spiccano nel desolante scenario di un album che si compone principalmente in brani d'atmosfera, dove a dominare sono gli archi strapazzati, l'incalzare dei fiati e l'imperturbabile chitarra acustica di ciccio Wakeford, spesso rimarcante gli stilemi di un folk ancestrale.
E' come se Wakeford avesse voluto creare una suggestiva colonna sonora per saghe leggendarie, gesta eroiche, amori impossibili di prodi cavalieri e caste donzelle. E' l'anima trobadorica di Wakeford a dominare: "La Croix" è un viaggio nel passato, in un mondo oramai perduto e da sempre inseguito. Un Wakeford più crepuscolare, se vogliamo, meno agguerrito, meno incazzato che altrove; una musica meno irruente, ma profondamente tragica, sofferta ed ovviamente apocalittica, se per apocalisse intendiamo i consueti scenari fantastici dipinti dalla fervida fantasia di Wakeford: quelle distese sterminate di prati umidi, colline spoglie, tristi macerie e boschi maestosi ammirati a volo d'uccello fra le dense nubi di un cielo grigio che minaccia tempesta. La fine del mondo probabilmente.
Nell'insieme l'album è senz'altro molto suggestivo e scorre piacevolmente, anche se possiamo criticare a Wakeford il difetto di non avere la caratura del compositore classico; e non è un caso che i maggiori segni di cedimento dell'opera siano rinvenibili nella prolissità di certi passaggi in cui gli strumenti indugiano eccessivamente su temi assai banali, e dove fra l'altro non spicca un grande lavoro in sede di arrangiamento (il fido David Mallor, anche al piano, dà una mano nel confezionare il tutto, senza però scalfire l'impronta integralista impressa da Wakeford).
"La Croix" è ovviamente consigliato a tutti gli irriducibili fan dei Sol Invictus, ed in particolare a chi ama album come "In the Rain" e "In the Garden Green". Per chi invece si aspettava qualcosa di diverso, "La Croix" non riserverà molte sorprese, come del resto non le riserverà "Cupid & Death", del 1996, l'altro lavoro solista degli anni novanta, con cui questo "La Croix" fa il paio.
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