...........È così che inizio questa mia seconda recensione. Sinceramente non trovo parole per definire questo lavoro dei Tool. Se si potesse dare 10, lo darei. Se si potesse dare 15, lo darei. Se si potesse evitare di dare un voto a questo disco, sarebbe la prima cosa che farei, perchè non è prudente giudicare un disco che per il 90% di probabilità ha cambiato per sempre la storia del rock.
Ah già, ma il rock è morto da un bel pezzo, cazzo, e allora andiamoci a fottere tutti quanti e inchiniamoci davanti all'ultima rock band della storia della musica. Anche qui, prima di andarmi a suicidare definitivamente cercando di esprimere la mia opinione sul disco, premetto una cosa. Molto dolorosamente, ammetto che questo è il primo e unico disco dei Tool che ho nella mia discografia, e che fino a due mesi fa non sapevo chi fossero questi quattro alieni che rispondono ai nomi di Maynard James Keenan (voce), Justin Chancellor (basso), Danny Carey (batteria, e cazzo che batteria) e Adam Jones (chitarra elettrica). E ammetto anche di non aver nessuna voglia di comperare i lavori precedenti dei quattro, perchè sto ancora cercando di comprendere questo, quindi non è colpa mia. Per finire, un appello agli amici e recensori di DeBaser: per rendere questo sito ancora accettabile, cerchiamo di esaltare CAPOLAVORI come questi, invece di sfottere le adolescenti arrapate e depravate che ascoltano quella (musica? boh, forse no) che esce da idoli pompati come Jesse McCartney, Lee Ryan e Hilary Duff che fra poco non sanno neanche quanti peli hanno sul buco del culo talmente sono arroganti e disposti a tutto pur di ottenere un po' di celebrità.
Bene, i Tool. Un nome, una garanzia, un tutto. E questo nuovo capitolo della magmatica ricerca interiore dei quattro va esplorato tutto, senza tralasciare nulla, anche se è quasi impossibile. Primo punto: la copertina. Più o meno ho presente le copertine dei vari "Lateralus", "Aenima", "Opiate" e via dicendo, ma anche la copertina, stavolta, non è più la stessa: rappresentante una sorta di totem o comunque una figura altisonante e dalle sembianze divine è fatta di cartone, non quello dove si imballano gli alimenti, intendiamoci, quasi cartoncino, una copertina quindi estremamente spessa. Le undici canzoni sono appena accennate nel libretto posto dentro uno "scomparto" del CD, che prevalentemente è illustrato da figure astratte, quasi frattali, tutte colorate in modo da rendere il tutto realmente suggestivo e ipnotizzante. Quindi, il Disco, con la D maiuscola.
La prima traccia, chiamata "Vicarious", è stata scelta come primo singolo ufficiale dalla band, e mai scelta fu così azzeccata, perchè è l'unica traccia che per il ritmo e la melodia può essere adattata come singolo. Oddio, non è che "singolo" sia una parola che si adatti alla canzone, perchè in realtà in questi 7 minuti e 6 è contenuta potenza, carisma, magnificenza e soprattutto estrema bravura. La composizione inizia con un giro di basso estremamente semplice, con uno schema ritmico tipicamente stile Tool, e mentre l'allarme di una sveglia lontana ci riporta alla realtà, ecco che la canzone esplode. Il testo è veramente poetico, mai scontato, una denuncia verso la società consumistica. L'assolo a quattro minuti circa è mozzafiato, mi sono sentito gelare fino alla punta dei piedi, ma cazzo il bello doveva ancora venire, la fine vale tutti i 23,90 €uro del disco, con queste parole urlate da Keenan ("Vicariously I/ Live while the whole world dies/ Much better you than I") accompagnate da un Danny Carey che mi ha stupefatto, e se non prende droga questo per picchiare così chi cazzo la prende? Dai.
La seconda canzone è "Jambi", e devo dire che non mi è piaciuta proprio tanto tanto, anche se l'iniziale schitarrata accompagnata dal rullare furioso di Carey mi aveva un po' illuso. Trovo che nei 7.28 totali, la canzone perda un po' di intensità e si perda anche un po' per strada, comunque una minuscola pecca in mezzo ad un oceano di bravura è irrilevante, e nonostante ciò ripeto che i gusti sono soggettivi. La terza canzone (divisa in due parti, "Wings for Marie pt 1" e "10,000 Days- Wings Pt 2") è una composizione dolcissima nei primi sei minuti, in quanto dedicata alla madre inferma di Keenan che, mentre col side project degli A Perfect Circle si scagliava con foga contro le sue convinzioni (soprattutto religiose), ora la piange perchè è morta dopo una lunga sofferenza. Riguardo alla canzone, la chitarra stranamente lontana e dolce di Jones persiste per tutto il brano, mentre Maynard con voce soave canta le strofe strappalacrime (veramente bella l'ultima). Una brevissima esplosione, della durata di quindici secondi, appare verso il quinto minuto di questa lunghissima traccia (diciassette minuti), e la prima parte si conclude con uno strano tonfo che echeggia per dieci secondi. Della seconda parte non dirò molto, solamente che è più aggressiva della prima, inizia con un emblematico temporale in lontananza e il titolo omonimo sembra stia a simboleggiare i giorni di sofferenza della madre di Maynard. Forse "10,000 Days- Wings Pt 2" è risultata troppo magmatica per me.
La quarta canzone si chiama "The Pot" e mi ha impressionato molto la voce di Keenan solitaria così distorta dal falsetto, non sembra neanche più lui, ma la canzone va molto bene, altrochè, e poco dopo il buon Maynard si riprende con forza i suoi toni ruvidi e urlacchia "You must have been. . . high, high!". Veramente un'eccellente canzone. La quinta traccia, "Lipan Conjuring", chiamata così dal nome di una tribù pellerossa, è molto breve e quasi totalmente strumentale, con Maynard che borbotta qualcosa senza senso sotto un persistente scampanellìo. Interessante la sesta composizione, anch'essa divisa in due parti ("Lost Keys(Blame Hoffmann)" e "Rosetta Stoned"). La prima è totalmente strumentale, il basso di Chancellor compone alcuni semplicissimi accordi con sottofondo una sirena, ed infatti verso la fine della canzone si assiste ad una conversazione fra un dottore ed un'infermiera riguardo a un paziente problematico che non vuole parlare con nessuno. Sotto la pressante richiesta del dottore (che come ultima battuta dice al paziente: "Tell me everything. . .") partono le note acide di "Rosetta Stoned", la canzone più lunga del disco che si rivela essere una traccia molto ruvida ma realmente godibile nella sua rarefatta bellezza.
Ho poco tempo e ancora un po' di cose da dire, perciò salto l'analisi della settima canzone (divisa in "Intension" e "Right in Two") per analizzare l'ottava e ultima traccia. Avrete senz'altro notato che non ho molto approfondito le canzoni del disco, e mi sento moltissimo in colpa per questo, perdonatemi davvero, sono dispiaciuto, ma un motivo ce l'avevo. Questo motivo risponde al nome di ventitrè o, come dicevano i latini, "Viginti Tres". Sinceramente non la considero una canzone, ma una scelta di vita: o ti piace o non ti piace. E a me piace, e moltissimo anche. Non è una canzone, come detto prima: più che altro, è un insieme di suoni inarticolati, molto lontani, e che si fanno più vicini, e che dopo ritornano lontani, e che si rifanno avanti, per cinque minuti. La prima volta dopo averla ascoltata mi sono detto: "Ma che cazzo è 'sta merda?". La seconda volta ero già in delirio. Questi suoni sono inclassificabili: a me parevano inizialmente prodotti dal pestaggio di una lamiera, poi come in "10,000 Days- Wings Pt 2" un temporale lontano, poi ancora un soffio. La risposta mi ha lasciato basito: è il rumore prodotto dalla chiusura ed apertura contemporanea di sistole e diastole del cuore di un cardiopatico, che infatti è in crisi coronarica. Geniale davvero, non ci sono quasi parole per descriverla...
Curiosità finali, perchè il disco è perfetto: "Lost Keys" è dedicata ad uno scienziato austriaco, Albert Hoffmann, che per primo scoprì le virtù dell'LSD (e questo rinforza i possibili dubbi che affermano l'assunzione di LSD da parte dei Tool per comporre i testi delle canzoni). Infine, e questo non lo sapevo e non l'avevo sentito, anche "Viginti Tres" ha un proprio testo, soffocato tra il rumore delle sistole, quattro righe che potete leggere qui a fianco ("Una Infinitas/ Abominatio Nascitur Autumno/ Hic est tuum temptamen quod temptat tua potentia/ Viginti Tres gradus ad summam potestatem"). Non so che cazzo voglia dire, traducetelo da soli........
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