2006: Dopo altri 5, lunghissimi anni, finalmente TOOL.. E si tratta di un evento signori, perché si tratta di una band allucinante, di un'originalità sonora, compositiva e vocale imprescindibile. Ecxtasi della muscica. Follia allo stato puro. Conscio dell'impossibilità intrinseca di trattare il "fenomeno TOOL" in maniera oggettiva, anticipo che l'album necessita di più ascolti per assaporarne pienamente il gusto tooliano... mettete sù il cd e lasciatevi prendere dall'atmosfera surreale del disco.
Fissiamo subito un punto: "10, 000 Days" è un album memorabile. E' subito evidente una sensibile variazione stilistico-compositiva rispetto al capolavoro "Lateralus": atmosfere meno "apocalittiche" e psichedeliche (vedi "Vicarious" e "The Pot"), voci meno filtrate e un taglio progressive dall'incedere lento e... stupendo... (vedi "Wings For Marie" e la title track).
L'album parte con "Vicarious", pezzo carico d'adrenalina che trascina l'ascoltatore fino al ritornello, liberatorio, cantato superbamente dallo straordinario Maynard James Keenan; notevole anche "Jambi", che con la first track si presta anche agli ascoltatori meno tooliani. Segue l'emozionante binomio "Wings For Marie" - "10, 000 Days", connubio di melodia e sofferenza, inquietudine e catarsi, che risente probabilmente delle melodie vocali sperimentate da Maynard con gli "A Perfect Circle", che mi lascia assuefatto ad ogni nuovo ascolto. "The Pot" è semplicemente bellissima, con Maynard sugli scudi e una miscela di eleganza e rabbia ineccepibile. E poi "Rosetta Stoned": pezzo molto articolato che ricorda tantissimo lo stile di "Lateralus" e che impressiona nel finale con l'immenso Danny Carey alla batteria... un pezzo favoloso, vera matrice tooliana. La strumentale "Lost Keys" è il giusto preludio al capolavoro "Right In Two": circa 9 minuti di angoscia, amore, paranoia, dall'incedere criptico e oscuro che esplodono in un ritornello interpretato divinamente da Maynard, che tratta il tema della separazione; Splendido l'intermezzo instrumental e progressive, arricchito (come un po' tutto l'album) da elementi tribali, compendio perfetto di dolore e angoscia che ci lascia però un barlume di speranza. Inutile, credetemi, provare a commentare l'insieme di "rumori" dell'ultima traccia "Viginti Tres": soggettività pura. A conclusione di ciò, comprate l'album, 76 minuti di grande musica... e anche custodia e interni vi riserveranno sorprese... Non penso che l'album sia paragonabile a "Lateralus" che resta, (e resterà) a mio modesto parere il vero capolavoro che ha consegnato definitivamente questa band alla storia.
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