Nella decisamente non sterminata discografia dei Tool c'è sempre stata, e c'è ancora, una gravissima mancanza: un disco live che ne testimoniasse la grandezza on stage.

Questa è la doverosa premessa per dire che quello che recensirò non è ciò che molti ancora aspettano, ma un bootleg registrato a Perth, in Australia, il 4 maggio del 2002.

Inutile perdersi in preamboli riguardanti il gruppo, che ha acquisito visibilità pressochè universale con l'ultimo "10000 Days" (piaccia o meno) e che ormai non necessita di presentazioni. Questo bootleg, come facilmente intuibile dall'anno, è testimonianza del tour mondiale del masterpiece "Lateralus", e propone conseguentemente una scaletta incentrata sul loro studio di maggior successo.

Il suono del disco è comprensibilmente sporco, mal definito ed equalizzato, ma è sufficientemente indicativo di una performance di altissimo livello: la scaletta è aperta da "The Grudge" in cui il maynardo non si risparmia con il suo shout famelico e lancia il canonico urlo da venti secondi e passa nel finale.

Seppur nel marasma del lo-fi è possibile rendersi conto della bravura di quel mostro dietro alle pelli che è Danny Carey, affamato di beat, controtempi, parti improvvisate (fantastica quella in "Stinkfist") e che con questo disco potrebbe anche convincervi di essere uno dei migliori in circolazione. Impeccabili per esecuzione e personalità anche Adam Jones e Justin Chancellor (quest'ultimo suona distortissimo, da sentire l'intro di "46&2").

Sono moltissimi i classici proposti, ed è bellissimo sentire Maynard enunciarli nel boato del pubblico, che talvolta arriva a sovrastare gli strumenti nell'inizio dei pezzi, e che canta all'unisono tutti i brani proposti. Questi ultimi  ripercorrono pressochè interamente "Lateralus", eccezion fatta per "The Patient" e le parti acustiche/rumoristiche del disco, passando per la bella "Sober" unico estratto del primo studio e giungendo ai classici di "Aenima" tra cui non potevano mancare "Stinkfist" e "Aenema".

Alcuni brani vengono notevolmente allungati e diluiti, dando la piacevolissima sensazione di "live", e in generale di spettacolo sentitissimo e per questo trascinante all'inverosimile, quasi come un rituale religioso pagano (compendio ai volutamente  freddi dischi studio).

Nella seconda metà del concerto i toni si fanno più dimessi, e il pubblico accoglie in religioso silenzio l'impeccabile esecuzione della triade "Disposition", "Reflection", e appunto "Triad". Menzione particolare per la mia canzone preferita, "Reflection", eseguita in modo impeccabile, con tribalismo accentuato e un feeling persino migliore della versione in studio, con Maynard che si improvvisa muezzin in acido nella parte iniziale. Lo show si conclude degnamente con un'ottima versione di "Lateralus", fin troppo fedele alla versione in studio.

Che dire, trovo inspiegabile l'assenza di un live ufficiale, soprattutto alla luce di queste ottime credenziali, ampiamente testimoniate anche da tutti coloro che hanno assistito a un loro concerto; perchè questo disco, nonostante sia un bootleg, contiene in buona dose qualità, emozioni ed estrema professionalità (da intendere come il termine inglese "musicianship").

Quindi una stella in meno per questa imperdonabile mancanza, una in meno perchè è un bootleg, ma loro nonostante tutto non si può che amarli.

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