L'attrezzo non cigola per un cazz. Anzi, è bello tirato a lucido! È nero e denso come il catrame, ma scintillante, funzionale, bello a vedersi. E tremendamente pesante.
Più di un'ora e mezza di concerto. Appena si spengono le luci i Tool partono subito incendiando il palazzetto (e l'aria condizionata va subito a farsi fottere).

Suonano pezzi nuovi e vecchi, ovvio, ma il concerto è un tutt'uno di metallo psichedelico, ipnotico. La batteria è un frastuono industriale. Basso e batteria la farciscono a dovere. E la voce paurosa di jmk... la voce paurosa di Jmk.

All'inizio del concerto Jmk si traveste da Taylor e con un cappellaccio da cowboy scandisce i tempi della catena di montaggio urlando con cattiveria in un microfono distorto. Poi si toglie il cappello e sfoggia il crestone e un enorme paio di occhiali neri. Saluta un attimo il pubblico. Chiede gentilmente se si possono evitare i flash. E poi, giustamente, si gira di spalle per mostrare lo splendido tatuaggio.

Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra. Inizia il mantra... Jmk resterà di spalle per tutto il concerto, tranne che per una breve pausa in cui i 4 si riposano e si prendono i meritati applausi.
E per i saluti finali, chiaro.

A fine concerto la soddisfazione è tanta. La maglietta ancora una volta sudata. Anzi di più.
Mi chiedete di Luca? Beh Luca è stato uno sprazzo, ma notevolmente sudato e arzigogolato (...). Me ne vado con la strana sensazione che Jmk se la tiri un po' troppo, ma me ne fotto. D'altronde lui è l'enigmatico e carismatico leader dei Tool, e va bene così.

Con le orecchie che fischiano vi saluto e vi auguro buonanotte.

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