Agile, compatto, impetuoso, intenso, solido, veemente.
In questa tralasciabile serie di aggettivi dovrebbe essere (per sommi capi) racchiusa la integerrima sostanza musicale della quale risulta imperniato il secondo lavoro, reso fruibile dalla solita HydraHead e risalente ai primi mesi dell'anno in corso, sulla congrua distanza dei quattro rock-corpulenti figuri operanti nella ex patria del Death-Metallo più ottenebrato e revanscista: Miami, Florida.
Mestando nel sostanziosamente diversificato calderone: l'escapista "Pirana" e la frenetica "Speed Of The Nail" sono caratterizzate da una tale efficacia, risolutezza e quadratezza nella gestione del riff chirurgico che pare di trovarsi innanzi gli Helmet versione pre-rimbecillimento sotto pesante trattamento di musico-estrogeni; la stessa "Sandstorm" o la gioviale "Healer", pur nella propria rock-fruibilità di fondo, catapultano addosso una tale masnada di trasecolanti chitarroni roventi e densamente acuminati lapislazzuli vari che sarebbe opportuno procurarsi adeguata tuta ignifuga o porsi ad opportuna distanza dai diffusori auricolari: il rischio di musico-ustione pare assai elevato.
Se non temessi il pubblico ludibrio*, indi l'esser tacciato di permanente stato confusionale e di consequenziale musico-farneticazione/bestemmiazione, azzarderei altresì nell'evidenziare in quanto propugnato in talune delle thirteen tracks ivi condensate ("Sundown", oppure l'intenso excursus in fase conchiusiva denominato "Amnesian"), una episodicamente distinguibile liaison con i due semi-obnubilati lavori de "La Macchina Divina" e del proprio mentore Mr. Robin Proper Sheppard, risalenti agli albori dei Novanta.
Vuolsi così colà dove si pùote, per essere degli autoproclamati musico-trogloditi, non se la cavano affatto malaccio.
* Ma siccome lo temo eccome (eccome sé lo temo) fate finta, Vi supplico, che non abbia sostenuto proprio alcunché. Lacché. Blasé.
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