Il ritorno sulle scene di Tori Amos, dopo una raccolta antologica seguita da un periodo di inattività concertistica, ci restituisce in tutto il suo rinnovato vigore una delle voci più più belle ed intense degli ultimi dieci anni.

Dietro le 19 tracce di "The Beekeeper" si intravedono chiaramente i segni di una maturazione legata alla maternità e, per quanto riguarda l’aspetto più strettamente musicale, alla scelta di affiancare all’inseparabile pianoforte un organo Hammond regalatole da suo marito. Perfino l’intimistica scrittura di Tori sembra risentire dell’attuale situazione politica se, in un brano come "The Power Of Orange Knickers", avverte la necessità di affrontare un tema delicato come quello del terrorismo.

Ritornando alla musica, un altro aspetto degno di nota è la maggiore attenzione prestata alle percussioni, ed in particolare a quelle di matrice afro/cubana. La prolissità di "The Beekeeper", sostenuta da una scrittura stanca ed eccessivamente autoreferenziale, indebolisce ulteriormente il risultato finale consegnandoci un disco poco più che sufficiente. Trattandosi di un’artista della levatura di Tori si può tranquillamente bollare quest’opera come un perdonabile errore.

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