Dovevo scrivere una recensione di questo album! Dovevo farlo, perché era dai tempi di “Remain in light” dei Talking Heads o di Kid A dei Radiohead che non ascoltavo un disco in continuazione. Anche questo album diventerà una colonna sonora dei miei viaggi fisici e mentali!
Ore 5.00 di questa mattina, buio, pronta per uscire, ricontrollo, mascherina, green pass, soldi! Metto le cuffiette, 60 minuti esatti dura la mia passeggiata mattutina, sempre, qualsiasi giorno della settimana, festivi compresi! 59.41 minuti dura Sukuki! E poi il tempo di mettere la mascherina, e arrivo al bar verso un meritato bombolone con la crema.
E’ solo dopo la doccia, al buio mentre la mia cagnolina si arrotola sulle mie gambe ancora bagnate che riascolto il disco e la recensione nella mia testa è pronta.
Cosa si può contrapporre alla recensione di Musicanidi che parla di un amore che da un momento all’altro comincia? Quella di un amore che da un momento all’altro muore! Muore così come tutte le morti veloci, senza poter dire una parola sensata, senza capirne bene il perché! Guardi solo il futuro avanti e la vita sarà senza di lui. L’ultima passeggiata al mare l’avevamo fatta una settimana prima, un suo amico da lontano ci aveva visti passare e gli aveva scritto che eravamo bellissimi insieme.
Se fosse un oggetto Suzuki sarebbe un cubo di Rubik, ogni volta che provi a farlo è sempre diverso, un quadratino nuovo vicino all’altro ma mai lo stesso a meno che tu non riesca a vincere.
Oppure potrebbe essere una Matrioska, ogni volta che apri tutte le bamboline quando le rimetti dentro, magari ti soffermi più su una o un’altra ti si chiude meno. Sempre diverso! Come il disco, un magma caldo di sound, sussurri, va bene tenuto basso in sottofondo o anche forte per ballare.
Se fosse un film Suzuki sarebbe “Inception” un gioco di sogni, uno dentro l’altro, di vero o falso che si capisce solo facendo girare una minuscola trottola! Era con lui che volevo invecchiare, avremmo danzato in qualche camera della casa. Oppure avremmo giocato, io mettendo i piedi sopra i suoi e avremmo ballato, così, ridendo.
Quella coppia di asciugamani, erano quelli che ci davano in albergo, durante i tanti viaggi. Ci osservavamo anche noi allo specchio per poi ridere sempre l’uno dell’altro. Se me lo toglieva e mi guardava però, lo faceva scoprendomi piano, con delicatezza, in contemplazione ed ogni volta c’era quello stupore quell’incanto nei suoi occhi come se io fossi la creatura più bella che avesse mai visto.
Eppure, non c’è tristezza nell’ascolto, perché io sono proprio ancora laggiù nell’ultimo sogno di “Inception”, insieme a lui, un mondo che mi sono creata da sola dove c’è musica quella dei Tosca che accompagna i miei ricordi.
Ci sono io davanti alla porta di casa nuova ancora con il vestito da sposa, portata dentro in braccio con lo champagne nella vasca idromassaggio e gli svariati completini intimi cambiati per l’occasione. Oppure c’è la “Corona” col limone vicini su due amache fra un bagno e l’atro a Xelhà in Messico in mezzo a pesci di tutti i colori. O ancora in quella che noi chiamavamo la nostra spiaggia davanti a Tulum.
Suzuki è così, evocativo, tira fuori, scava nel profondo, mai i toni sono troppo alti o troppo bassi e poi quelle percussioni e quei sussurri che non ti fanno stare fermo. Un tutt’uno ma da ascoltare rigorosamente dall’inizio alla fine. Solo così ha un senso.
So che mi direte di uscire dal sogno per tornare alla realtà, forse esorcizzando tutto con questa recensione riuscirò a farlo e magari dare una chance a chi ogni tanto mi guarda come lo faceva lui!
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