"Branco di luridi maiali!" è il saluto che ci rivolge un sorridente Mazza facendo il suo ingresso sul palco dell'area Expò della Festa de L'Unità di Ospedaletto (Pisa).
Capelli lunghi, barba brizzolata, camicina estiva rosso sgargiante, pantaloni corti e sandali: il Mazza è sempre il Mazza. I segni del tempo hanno scalfito la figura dello storico frontman dei Tossic, ma non la sua intrinseca idiozia: seppur per pochi, la sua è una presenza che non può non riscaldare il cuore, tanta è l'ilarità e la voglia di scazzo che emana.
Gradito ritorno quello dei Tossic, leggendaria formazione pisana riaffacciatasi sul mondo discografico con il recente "Transumanza" dopo una pausa durata più di dieci anni. Mi si permetta, quindi, di approfittare di questo live-report per presentare questa band che risulterà ignota alle orecchie dei più.
Nati nell'oramai lontano 1987, con all'attivo un pugno di demo e due album ufficiali ("Il Regno del Cinghiale" e "Stato Brado"), i Tossic rinascono finalmente nel 2007 nella formazione originale, tornando a riempire il vuoto che il loro scioglimento aveva lasciato dietro sè, ed offrendosi al contempo alle nuove generazioni che, ahimè per loro, non hanno all'epoca avuto la fortuna di viverli direttamente.
Un ritorno, devo dire, che non tradisce lo spirito che fin da principio ha animato i quattro cinghiali del metallo: anti-divi per vocazione, la loro musica, a base di goliardia e thrash vecchia scuola, continua a mietere vittime e conquistare consensi. Le armi sono quelle di sempre: semplicità, autoironia e assoluta idiozia. I testi: puerili come sempre, ma non privi di una certa genialità picaresca.
Sorta di Tankard all'italiana (dove però al posto di birre e rutti troviamo rutti e quel triangolino peloso tanto caro all'universo maschile), i Tossic non cambiano la storia della musica, ma sanno suonare, sanno stare sul palco, sanno divertire e soprattutto rappresentano un'isola felice della mia infanzia, un'isola a cui io non posso che guardare con affetto e nostalgia (proprio un concerto dei Tossic fu uno dei primi appuntamenti live della mia vita).
Si sprecheranno quindi bestemmie e "viva la topa" a non finire, ma la goliardia dei Tossic non è solo volgarità fine a se stessa, non è posa, è bensì spontaneità: l'aderenza incondizionata ad un modo di essere che tale è e che non può essere altrimenti.
E proprio per celebrare gli antichi fasti, tanto per far capire che non è cambiata una virgola rispetto a venti anni fa, ecco che l'opener scelta per aprire la set-list di stasera è proprio un super classico che noi tutti veterani non possiamo non accogliere con estremo entusiasmo: attacca la terremotante "...Come una Iena", naturalmente nella sua versione incensurata ("sono incazzato come una iena e ti sborro sulla schiena, io ti faccio tanto male perché sono un gran animale, con un gesto son sicuro, io stasera ti spacco il culo!").
Quello che stupisce, soprattutto, è riscoprire una band energica, in buona forma ed affiatata nonostante lo stop forzato durato così tanti anni. Asma (chitarra) e Satana (basso), nonostante le apparenze da ordinari quarantenni padri di famiglia, sciorinano riff a profusione, pescando a piene mani dal calderone del thrash metal ottantiano (Slayer-Testament-Metallica in primis), senza disdegnare scivoloni sabbathiani che vanno continuamente a ribadire una forma mentis di altri tempi. Anthony-Inseranto (batteria), che nel frattempo ha avuto modo di tenersi allenato militando nei ben più noti Death'SS, si rende altresì responsabile di una prova potente e precisa.
Ma è inutile dirlo, è il carisma boccaccesco di Mazza a regnare sovrano sul palco. Più nei siparietti fra una canzone e l'altra, a dir la verità, che al canto (inferiore la sua prova rispetto alla scorsa data pisana di circa due mesi fa). Seppur non al top della forma, seppur a tratti spompato, il Mazza, che pure scherza sulla propria resistenza fisica, si conferma tuttavia un frontman di tutto rispetto: gioca con il pubblico, non risparmia battute sconce, si lancia in guizzi degni del più triviale dei cabaret.
Ampio spazio ai brani tratti dal recente "Transumanza", che sembrano reggere il confronto con i classici del passato: si susseguono "Cai TV", (divertente disamina sull'avvento della TV digitale e le sue ripercussioni sull'arte masturbatoria, sul rischio reale, fra così tanti canali, di spararsi una pippa su History Channel!), "St. Honoré" (niente più che una sequela di parole francesi di comune uso italiano: una canzone del cazzo, come giustamente viene introdotta dal Mazza), "Suka" (lezioni di sesso orale per il figlio diciannovenne che, alle prese con la sua fidanzatina, chiede consiglio al "saggio" padre), "Be' mi tempi" (testo veramente sublime, uno dei migliori mai scritti dal combo pisano e che è impossibile da riproporre per iscritto e al di fuori della incredibile interpretazione di Mazza!).
C'è anche spazio per un pezzo rap (esperienza non nuova in casa Tossic, se si va a vedere "Raspa Rap" in "Stato Brado"): parentesi davvero piacevole che ha visto dietro al microfono anche il contributo di Anthony, e che, lungi dall'indignare i puristi del metallo più verace, ha in realtà portato ilarità a profusione. "Rappazzo" è la consueta sequela di indicibili sconcerie a sfondo sessuale: davvero triviale il ritornello cantato dai due che all'unisono intonano struggenti versi d'amore del tipo "Amore, apri il tuo cuore, che io ti apro il culo!". Un pezzo che il Mazza, spiega egli stesso, si sentiva di scrivere a quarant'anni!
Ma è inutile dirlo, sono i classici del passato a scaldare veramente gli animi : "Sudo ma godo" è un capolavoro senza tempo, un assalto slayeriano di intensità tragica inerente alle imprese sessuali del Mazza che ci prova con la tipa ("ora io lo sguinzaglierò, come un falco sulla preda mi accanirò, ma tu in modo strano guardi verso me, ridendo mi dici tutto qui, l'ingenuo sono io che ti credevo una matta, mi sono accorto che hai toccato più palle di Panatta"). E al termine del pezzo, data la platea di giovanissimi, Mazza si vede costretto a chiarire che Panatta era stato un tempo un campione di tennis.
"Zona Calva" (da "Stato Brado") e poi il micidiale medley che comprende altri tre classici, nell'ordine "Agguato a Condor Pasa", "Orco" e "Heado", fusi assieme all'insegna dell'idiozia più assoluta.
Cover d'autore con "Snap your Finger" dei Prong, e poi tiratissimo rush finale con i classicissimi del repertorio: "Catarro Tricolore", a dire del Mazza, l'inno di tutti i disgraziati d'Italia al risveglio dopo una nottata prodiga di cicche e cannoni ("catarro italiano, catarro nazionale, catarro italiano, catarro tricolore, il bianco della saliva, il verde del muco ed il rosso del sangue"). Lieta sorpresa è la riproposizione in chiusura di un brano mai pubblicato, scartato mille e mille volte e poi finalmente ripescato e portato alla luce a furor di popolo: l'autocelebrativa "Tossic" (I Cinghiali del Metallo!!!), veloce e punkeggiante, un anthem da cantare a squarciagola.
Ma ecco che Mazza inizia a ravanare dentro ad un enorme saccone dell'Ikea. E' la fine, e non poteva mancare Lei, il classico per eccellenza dei Tossic, quella "Cazzi di Pane" che da vent'anni chiude le set-list dei nostri. Segue l'immancabile lancio dei cazzi di pane (impastati e preparati dallo stesso Satana, dice il Mazza, perché quelli che prepara il panettiere sono come panini all'olio: troppo molli nel caso si volesse fare giochetti particolari con la propria ragazza).
"Io mi rivesto, chissà perché, nulla di fatto, neanche per te, e quando pronto, quando va ben, io ti domando dov'è il bidet, umiliato come un mulo che bastonato raglia, tu lo sai che non hai vinto la guerra, ma solo una battaglia, sono fiero del mio dito, delle sue mammelle sane, son servito e riverito, nelle tazze di rame, le tazze di rame, cazzi di pane, cazzi di pane per voi!" Con queste parole si chiude una serata davvero divertente, all'insegna dell'allegria, della buona musica e della nostalgia.
Lunga vita ai cinghiali del metallo!
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