Si ok lo so, i Toto sono uno di quei gruppi etichettati come "o li ami o li odi" oppure "ottimi musicisti però i dischi non sono un granché", però cercherò di descriverli lo stesso, perché io tra l'amarli e l'odiarli li amo.
Isolation per esempio è un signor disco: nel 1984 Lukather e compagnia, reduci dell'immenso successo del loro disco più famoso Toto IV, stanno registrando come al solito i loro pezzi insieme all'ottimo cantante Bobby Kimball che però decide di mollare a metà progetto a causa di alcune divergenze con la band. Viene ingaggiato il cantante Fergie Fredrikson, bellino, la cui voce pare un incrocio tra Steve Perry e Dave Bickler. Credo che sia soprattutto la sua estensione vocale a rendere Isolation uno dei dischi più potenti della storia dei Toto.
Isolation lo si può presentare come il disco più spontaneo della band, fatto con la grinta di musicisti fini a stessi, che per una volta sembrano aver dimenticato di essere prima di tutto dei session men.
In questo caso si può parlare di un buon AOR rockeggiante, per niente scontato e molto originale. E allora si parte dal primo epico pezzo "Carmen", un grintoso duetto tra il fedele Paich e il novello Fredrikson, contraddistinto da stacchi e tastierine tipiche dei Toto, che fra l'altro troviamo anche nella seconda, "Lion", geniale pezzone in cui ognuno da il meglio di sé (come sempre del resto), e in cui la linea del basso di Mike Porcaro fa dannare l'anima a chi cerca di suonarla (a me, giusto per fare un esempio).
"Stranger in Town" è il pezzo più commerciale del disco, e l'unico ad aver riscontrato successo, ma non è niente in confronto a Rosanna o Africa, che comunque sembrano avere qualcosa in più.
Qualcosa di veramente eccezionale presenta "Angel Don't Cry": questa canzone ha infatti un tempo mica da ridere, potenza e ritmo affiancati da una linea vocale geniale e dei coretti da pelle d'oca; Mah, forse non sarà una genialità, ma io personalmente la adoro.
Non c'è Fergie che tenga: quando Steve Lukather decide di scrivere una canzone, la deve cantare lui. Il 99,9% sono ballad o intensi lenti e anche qua non si smentisce: "How Does It Feel" è romantica e dolce, che ha il pregio di precedere la canzone più bella del disco e una delle più belle della intera discografia. "Endless" è il suo nome, e tutto è degno di una attenzione particolare: le chitarre semi-funky, la simbiosi perfetta tra batteria e basso, la voce che parte piano e si alza gradualmente, il ritornello semplice ma geniale... "Endless" è uno di quei pezzi semplicissimi, ma tutt'altro che banali, uno di quelli che ti rimangono impressi nella mente per minimo una settimana.
Si passa poi per "Isolation", la fantastica title-track, che riesce a seguire le orme della canzone precedente, il cui pregio è quello di avere un impatto diretto, molto diversa dalla seguente "Mr. Friendly", la canzone più particolare del disco. Sarà magari azzardato parlare di prog e infatti non farò, però il modo di cantare sincopato e il riff ossessivo richiamano vagamente il genere. Lo si può più semplicemente definire un esperimento ben riuscito che si allontana dal solito stile della band.
Stile che viene comunque ripreso nelle ultime due canzoni del disco, "Change Of Heart" che richiama le sonorità del primo disco e Holyanna, le cui radici sono fondate profondamente nel modo dei Toto di scrivere canzoni più commerciali.
La qualità dei Toto di saper cambiare stile con quasi ogni disco è la caratteristica principale che li rende abbastanza peculiari. A volte possono riservare ottime sorprese come questo, il disco che sconfina nel modo più delizioso in una dimensione AOR.
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