Me lo immagino Jeremy Bolm lì, seduto su una panchina a Burbank dopo aver staccato da lavoro, fra un vinile e l’altro, ad osservare al tramonto il paesaggio collinare che lo separa da West Hollywood, da Westwood, insomma, da Los Angeles, città delle contraddizioni, dove i sogni si realizzano e si bruciano rapidamente. Un ragazzo come tanti altri, o forse no, parecchio introverso, straight edge con la passione dello screamo anni ’90, che si diletta fin da giovanissimo a intervistare colossi come Jacob Bannon cercando di capirne il segreto, la formula vincente. E poi via, un’escalation che giunge a compimento nella forma dei Touché Amoré; legati indiscutibilmente alla personalità del proprio frontman e alla sua indole poetica che lo porta a scrivere anche haiku a tempo perso, quando non è impegnato a fondare una sussidiaria della Deathwish, la Secret Voice. Siamo a settembre 2013 ed è giunta l’ora del terzo full length, a due anni di distanza dal fortunatissimo “Parting The Sea Between Brightness And Me” che li ha portati alla ribalta, in un mix fra hc melodico, design [meriti a Nick Steinhardt] e live ininterrotti, eccezion fatta per i mesi di break presi per creare “Is Survived By”. Piccolo excursus, a inizio anno era uscito lo split con gli amici Pianos Become The Teeth contenente quella perla che risponde al nome di “Gravity, Metaphorically”, giusto per far trasparire l’intenzione dei nostri di non voler creare un futuro album fotocopia, bensì di compiere un deciso passo in avanti. Ed è stato proprio così.
Se si guardasse a “Parting The Sea Between Brightness And Me” non si potrebbe non notare l’indole claustrofobica insita in ogni suo brano. Un’apnea costante, un labirinto fatto d’ossessioni opprimenti che concedevano ben pochi attimi di tregua. La maggior parte di essi erano raccolti in una manciata di secondi nella quale si poteva prendere il fiato necessario per ributtarsi a capo fitto nelle trame dolorose recitate da Bolm o nelle fulminee ritmiche partorite in prima linea da Clayton Stevens & Nick Steinhardt alle chitarre e ben amplificate da un chirurgico lavoro di Elliot Babin [batteria] e Tyler Kirby [basso]. Un sound pulsante di quell’adrenalina necessaria per poter sopperire alle ferite emozionali. Composizioni catartiche, ma leggere. Delle istantanee fugaci, destinate a scomparire l’una nell’altra, basta citare come riferimento i 20 minuti di durata dell’intero LP. E qui risiede il primo passaggio di testimone con “Is Survived By”, quell’anima così vorace si sta lentamente allontanando, i tempi di “..To The Beat of a Dead Horse” sembrano scomparsi, il rigetto grezzo e primordiale di un disagio interiore si è fatto più riflessivo e introspettivo. E ne beneficiano tutti, dai Touché Amoré a noi che siamo all’ascolto.
L’azzurro brillante è la tinta cromatica dominante, a partire dall’artwork [screamo goes shoegaze, Ride docet] fino al livello metaforico, in quanto è innegabile un’apertura rischiarante, come se si fosse sotto il cielo limpido di Venice Beach o immersi nell’acqua cristallina di una piscina uscita direttamente da una delle ville descritte da Bret Easton Ellis in “Less Than Zero”. Si sta parlando d’immagini, che però si plasmano nel sound di “Is Survived By”, non rimanendo dunque una mera idealizzazione. La venatura melodica, da sempre presente nei Touché Amoré, emerge prepotentemente e diviene la protagonista, non significando assolutamente banalità e superficialità, anzi il lavoro svolto da Steinhardt e Stevens è uno dei maggiori punti di forza dell’intero platter. I due più che sui riff headbanging si concentrano sulle armonie, creando scorci atmosferici, giostrandosi fra background del dolore esistenziale di Bolm e costruzione di uno scenario drammatico e malinconico tipico del gruppo losangelino, lasciandosi andare più volte a break dal sapore post rock. Le soluzioni sono eclettiche e si ha quella sensazione che i nostri azzecchino sempre le note giuste, il timing corretto, nessuna parte esageratamente dilatata né una abbozzata, un equilibrio trionfante di sentimenti che cadono a pezzi.
Se a “PTSBBAM” si poteva criticare l’essere fin troppo omogeneo, qui il rischio non viene minimamente corso. Le dodici composizioni [in 29 minuti] hanno una precisa identità, facilmente riconoscibile e memorizzabile, in cui Bolm s’impegna nelle vesti di tormentato story teller. Discute di mortalità, affronta le proprie ansie psicologiche e denuncia quel senso d’alienazione che lo fanno essere un “Social Caterpillar”, dove l’ipocrisia e la delusione sembrano aver la meglio su una voglia di fregarsene, di andare avanti, al cospetto di un tempo fugace che evidenzia la nostra transitorietà e fragilità. Alla fine del tragitto però c’è sempre la speranza, sfruttando il cliché “della luce dopo l’oscurità”. Si sopravvive. “Is Survived By” per l’appunto. I Touché Amoré sono uno di quei pochi gruppi dove lyrics e sonorità si intrecciano profondamente, sono linfa vitale l’una per l’altra in un gioco di riflessi dove non si capisce chi tragga forza da chi. Se sia il graffiato rauco ad acquisire energia o se siano le melodie ad esplodere per via dello scandire incisivo delle corde vocali. Parole che non si perdono nel nulla perché, last but not least vi sono Mr.Elliot Babin e Tyler Kirby alla sezione ritmica a sorreggere l'impalcatura. Il basso riaffiora roboante, trascinando l’azzurro in gradazioni più cupe, mentre i pattern creati donano poliedricità a "Is Survived By". Babin s’esalta fra mid-tempo, crescendo sonori, cambi ritmici, aggressioni martellanti o leggeri sussulti nei momenti più intimi, mettendoci quel quid in più, rendendo dinamico anche il secondo più statico. Vogliamo tornare alla metafora dell’acqua, delle maree, dell’oceano [usato come riferimento per “Harbor”] ? Is Survived By è un’onda che si infrange, cresce, diviene vigorosa per poi acquietarsi e infrangersi sulla battigia, prima che un’altra segua il medesimo destino, un andirivieni ciclico nel sound di ogni brano, dove c’è spazio per gli echi di Julia Blake [Vow] e Jon Simmons [Balance & Composure].
“This is survived by a love. This is survived by a fear; that all that’s left when said and done is words you will never ever hear.”
Così chiude l’album e permettetemi, ironicamente, di aggiungere “this is survived by the hype” in quanto i Touché Amoré, non inventeranno nulla di nuovo, ma quello che stanno facendo lavoro dopo lavoro è dannatamente di qualità e la maturazione espressa, grazie a delle strutture più ricercate ed elaborate, è segno di un cammino artistico fino ad ora privo di passi falsi, ma costellato di sole soddisfazioni. E poi hanno quel sound californiano, lo so, non vuol dire nulla, ma va al di là della loro provenienza geografica, non so spiegarmi, va oltre. Vabbé, la chiusura criptica/no sense me la potevo risparmiare.
PS recensione che arriva una settimana prima della release ufficiale grazie al download pre-order della Deathwish. Dio benedica quei ragazzi di Beverly.
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