Townes Van Zandt non ha mai inventato nulla.
E' il miniatore che porta avanti lievemente il lavoro di stirpi di suoi confratelli, il cercatore d'oro che insiste nello strappare alla terra gli ultimi brandelli di estinti metalli preziosi.
Ma è anche un miniatore eretico, votato a quel dio demoniaco che vende canzoni eterne comprate a prezzo della vita stessa. E, come cercatore d'oro, non ha il pragmatismo di chi non ha trovato la ricchezza ma non ha perduto la possibilità di sorridere e camminare sulla terra; reso cieco e quasi folle, abbandonato nella sua capanna, continua a sognare fiumi le cui sabbie sono d'oro, piombo, sangue, teschi e tibie sofferenti.
Gli attrezzi del mestiere sono sempre quelli consueti: un fiume di ispirazione dalla cui sorgente si distingue, nella bruma, la foce; un piccone a sei corde con cui estrarre sogni perduti, amori bruciati troppo in fretta o lasciati troppo a lungo ad infettare l'anima; e pianoforti con denti sani e denti tartarei, chitarre slide semi ubriache che scivolano piangenti come narratori degli spiriti di amanti lontani, fiddles discreti e solitari o riuniti in violenti eserciti.
Le canzoni di Townes hanno la capacità rara di consolare gli afflitti, pur nella loro assoluta assenza di speranza ("Well, many of the songs, they aren't sad, they're hopeless"); la loro forza è la stessa delle valli all'iniziare dell'inverno: la ricerca di una forma di bellezza difficile da vedere, sepolta tra foglie che si rincorrono tra i crepacci e nascosta nelle ossa di cerbiatti che riposano dopo la sventura, può solo portare a voler limare via il superfluo, a lavorare l'anima come una selce e privarla della troppa pietra, della troppa difficoltà di amare, della troppa ignobile miseria spirituale.
Con "The Late Great Townes Van Zandt" Townes ha lasciato almeno tre canzoni immense. "Snow Don't Fall", ballata sulla morte di una donna amata, intrisa di lacrime nella sua sincerità straziante; "Pancho and Lefty", dove all'antica amicizia tra due fuorilegge si mescola il tradimento, narrato però con pietà e delicatezza, senza l'arroganza del feroce inquisitore moralista; si intravede, discosto ma ben chiaro, il rapporto di asimmetrica amicizia tra Townes e Steve Earle e le due strade che poi si trovarono a percorrere: successo e fama per Earle, disperazione, povertà, alcolismo, solitudine ed intransigente dedizione alla musica per Townes.
Ed infine "Silver Ships Of Andilar", contraltare perfetto di "Snow Don't Fall": mentre quest'ultima, intima poesia, è basata su poche parole e sul rapporto tra due amanti separati dalla tomba, "Silver Ships Of Andilar" è una canzone di epico respiro collettivo, simile a "The Rime of the Ancient Mariner" nell'impianto letterale e alle epopee sovietiche di Mario Rigoni Stern per quanto riguarda l'argomento.
"Her eyes did laugh
Her lips did sing
Her legs did roll
My soul to bring
Her hair did curl
And her thoughts unfurled
Like birds upon
The wings of spring"
( da Snow Don't Fall)
Un poeta dalle mani trafitte, un artigiano con l'anima sparsa di schegge di doloroso legno, un minatore che paga con la vita il tentativo di riportarsi in vita: Townes Van Zandt.
Fort Worth, 7 marzo 1944 - 1 gennaio 1997
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